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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2017
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Non è niente di originale. Nessuna espressività, solo la stanchezza di un autore che non ha mai mostrato grandezza, solo rari colpi di fortuna.
Un libro interessante, di cui ho apprezzato soprattutto lo stile. Disegna una Milano inedita e diversa dallo scenario di cui siamo abituati a leggere.
Il corpus più esteso del libro condensa poesie scritte negli anni ‘60, e riproposte con lo sguardo affettuosamente complice di chi ricorda il ragazzo che è stato, e desidera recuperarne l’immagine «per incontrarlo ancora». Un Maurizio ventenne, a disagio nel mondo, che si ritrae con inclemenza, «in un groviglio di ombre»: «Cuoci in pentola / giovine dabbene», «A passo felpato / sgattaiola dall’uscio». Deluso da se stesso, il protagonista oscilla tra l’attesa di un riscatto sociale e la volontà di una ribellione violenta che lo liberi dalla stagnazione in cui teme di affondare: «Finalmente potrò soddisfare il mio bisogno / e munirmi di fucile a due canne. / Partirò alla caccia per le vie della città / brulicanti già di vittime innocenti». Erano anni di guerriglia sociale, di rivolta contro le istituzioni, in cui nascevano sperimentazioni letterarie di rottura nei confronti della tradizione: ma il giovane Cucchi pare assediato più dal proprio privato che dalla Storia, più introflesso nei suoi nodi irrisolti che proiettato in un futuro di speranza. Questo incrocio di sguardi tra mitezza e impeto, questo strabismo esistenziale e formale tra novità e conservazione, viene ulteriormente evidenziato nella silloge inedita intitolata “La sciostra”. Qui Cucchi appare ancora scisso tra presente e passato, nostalgia e rinuncia, adesione e rifiuto. Confessa la sua necessità di concretezza, di gestualità elementare, di bellezza naturale, in un «mondo quasi arcaico, e quasi senza tempo», fatto di materiali contadini, orti, tetti di lamiera, sedie bianche di metallo scrostato. Cerca quindi un approdo innocente, in periferia, lungo il Naviglio: un magazzino in disuso, dove fermarsi a godere la pace campestre, con un’unica ambizione: «Una sciostra, forse, / fra canne e sterpaglie, antico / magazzino di legna, calce e tegole, / e mia residuale dimora felice».
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