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Il volume raccoglie due lunghe interviste a cura di Fabrice Pataut (una delle quali era già uscita su "Iride" nel 2001) e l'importante lezione su "Verità relativa", tenuta da Dummett a Genova il 23 ottobre del 2001. L'insieme offre un quadro fedele e anche abbastanza approfondito delle teorie di un maestro della filosofia analitica, che quest'anno compie ottant'anni. Alcune più celebri posizioni dummettiane trovano qui una nuova formulazione. Per esempio, Dummett presenta due criteri per identificare un filosofo analitico. Il primo fa riferimento a ciò che si direbbe una teoria dell'intruso: il filosofo analitico è un individuo che crede che ci siano cose da fare in filosofia, problemi da esaminare e da risolvere, tesi da presentare e da discutere. Certo Austin, Wittgenstein in fasi depressive, Rorty non la pensano-pensavano così, ebbene: si tratta di intrusi, gente che non c'entra. Chiunque assuma posizioni disfattiste in filosofia, dice Dummett, non è un filosofo analitico. Non è però condizione sufficiente, ed ecco dunque il secondo criterio: un filosofo analitico è una persona che bene o male, in positivo e in negativo, e in misura molto variabile, tiene conto della logica matematica, e delle analisi del linguaggio (di Frege) che ne stanno alla base. Credere nella filosofia come lavoro serio e tenere conto della logica matematica sono le due premesse specifiche del lavoro di Dummett; di qui discendono il suo (quasi) anti-realismo, l'idea che le difficoltà metafilosofiche di Wittgenstein e di altri possano essere aggirate attraverso una riforma della logica classica, e soprattutto la critica del relativismo. La maledizione del relativista, si legge nelle ultime righe del volume, è peggiore di quella imposta da Dio ai costruttori della torre di Babele: "Invece che parlare diversi linguaggi, non parlare affatto un vero linguaggio".
Franca D'Agostini
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