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Sembra difficile oggi, poter ridere e sorridere delle nuove vie della truffa e del malaffare. Questo romanzo ci riesce benissimo costruendo una storia ai limiti dell'incredibile , con una santona telematica e uno strano protagonista un pò tonto e simpaticissimo che ama le donne strabiche. Tutto sembra ai limiti del surreale e invece è pienamente calato dentro la nostra realtà. Una lettura veramente divertente e consigliata a tutti quelli che amano l'ironia.
Recensioni
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È ammirevole come Mario Baudino riesca a essere un intellettuale contemporaneamente molto esposto, nell'attività di giornalista culturale della "Stampa", e molto defilato, nella ricerca narrativa, poetica e saggistica: una ricerca compatta e coerente, imperniata su alcuni temi ricorrenti (il viaggio e il volo; un'erudita passione per l'eresia catara; una certa predilezione per personaggi esposti, per inerzia del cuore, al vento della serendipity) e su una cifra stilistica nutrita di rarefazione lessicale, understatement, sghemba ironia.
Dopo alcuni apprezzati libri di poesia (Una regina tenera e stupenda, 1980; Grazie, 1988; Colloqui con un vecchio nemico, 1999; Aeropoema, 2006) successivi all'esordio tra le pagine dell'antologia La parola innamorata (1978), alcuni saggi storico-letterari (Il mito che uccide, dedicato ad Otto Rahn,è il suo titolo più fortunato) e due romanzi (In volo per affari, 1994, e Il sorriso della druida, 1998), con il romanzo breve Per amore o per ridere Baudino ci dà un altro eccellente risultato: nel quale dispiega una rara capacità di abbandonarsi, affinché il lettore si abbandoni, al piacere gratuito di una narrazione un po' bislacca e un po' sorniona, sostenuta da un umorismo di robuste radici anglosassoni, tra Evelyn Waugh e Muriel Spark, o – perché no? – autenticamente piemontesi.
Non è così estranea, in fondo, a certa tradizione italiana l'invenzione di un io narrante tanto svagato e talmente pieno di fisime da rivelarsi progressivamente, e nel finale totalmente, inattendibile. L'uomo, di cui ignoriamo il nome, conduce per l'Europa un'esistenza errabonda, guidato via e-mail da un'amata Amalia che lo indirizza dove c'è bisogno di lui. Perché? Esattamente non lo sappiamo, anche se intuiamo che debba riscuotere o consegnare denaro, molto denaro; sappiamo, in compenso, che nelle sue peregrinazioni tra città e alberghi di raro squallore questo eroe disappetente e indolente coltiva una passione platonica per le donne strabiche e perde progressivamente pezzi di memoria. Sappiamo che di Amalia è stato amante e socio nel mondo torbido delle televendite, e che altre donne riappaiono nella sua vita: un'Elsa sadomasochista e una Kalki idealista, in particolare.
Dotato com'è di un candore nevrotico e stordito, il nostro narratore potrebbe perfino apparire, come certi personaggi incarnati al cinema da Peter Sellers, un catalizzatore di deflagranti infrazioni alle regole del mondo circostante: si veda, soprattutto, come si muove a casaccio nei confronti di una setta esoterica stanziata in Provenza che, come vuole lo stereotipo di ogni brava setta esoterica, gli pare proceda verso un suicidio collettivo. Ma non dimentichiamoci della sua inattendibilità di io narrante! Via via che il romanzo si avvicina al molto ben costruito finale a sorpresa (che ovviamente qui si tace), l'uomo si rivela ben poco estraneo, nella sostanza, a una fitta ragnatela telematico-commercial-delinquenziale capillarmente stesa sull'Europa: mentre, allegoricamente, la setta esoterica – isolatasi proprio nei luoghi dei Catari – si trastulla nell'allevamento di "galline solari" e nel timore ossessivo di un complotto della Cia.
In un modo che dovrebbe piacere a Umberto Eco, il romanzo di Baudino, divertendoci, ci ricorda quanto l'individuo europeo (distratto da incrollabili stereotipi, variegate teorie del complotto e sempiterni irrazionalismi) sia inerme rispetto a moderne modalità, sottili e pervasive, di persuasione occulta e arricchimento disonesto: e tutto ciò accade mentre la storia, impartecipe e algida spettatrice delle vicende umane nonché montaliana "maestra di nulla", ripete allo specchio intolleranze, ingenuità e rapacità di antico stampo.
Su un piano più alto ma senza mai prendersi sul serio, Baudino si interroga pure sugli inganni delle apparenze e sulla fragilità dell'io, anche giocando la carta di una raffinata, dissimulatissima, intertestualità onomastica: e non solo nella figura di un barista, replica degradata del valeryano Monsieur Teste. Si veda, infatti, la duplicità semantica della beata Pappenheim, nume tutelare della setta esoterica: il nome echeggia certamente la Beate Pappenheim del Settimo conte di Lucan di Muriel Spark, psicoanalista dalla doppia identità nonché truffatrice quando fa credere di avere le stimmate, ma rimanda più sottilmente a Bertha Pappenheim; che è il vero nome di Anna O., la celebre paziente di Breuer e Freud negli Studi sull'isteria, curata con l'ipnosi da molteplici disturbi tra i quali – ohibò – lo strabismo convergente e i vuoti di memoria.
Un incrocio carsico di riferimenti che ben si adattano a questo romanzo pieno di non esibiti doppifondi e di specularità inattese. E di piroette e sberleffi, se è vero, com'è vero, che il titolo è ricavato dal testo di una celebre canzone di Patty Pravo, evocata in epigrafe insieme a una più composta Francesca da Rimini di D'Annunzio-Zandonai; e se è vero, com'è vero, che tra le pagine 101 e 102, l'autore si diverte a sbeffeggiare qualche figura di rilievo dell'industria culturale italiana.
Giuseppe Traina
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