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Per una storia delle malattie
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Per una storia delle malattie - copertina

Descrizione


Compagna instancabile dell'uomo, la malattia non appartiene soltanto alla storia del progresso scientifico e tecnologico, ma a quella, più profonda e complessa, dei saperi e delle pratiche legate alle strutture sociali, alle istituzioni, all'immaginario individuale e collettivo; una storia drammatica che, attraverso i guaritori e i maghi di Babilonia, le lezioni di Ippocrate, la medicina araba del Medioevo, Pasteur e la madicina scientifica, ricostruisce l'indissolubile intreccio fra l'orrore per i sintomi del male (peste, lebbra, tifo, vaiolo, tubercolosi, cancro, Aids...) e l'angoscia di un irrisolto senso di colpa dell'umanità.
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Dettagli

1987
1 febbraio 1993
416 p., ill.
9788822005182

Voce della critica


recensione di Mancini, A. - Strigini, P., L'Indice 1987, n.10

Il volume è la traduzione di un numero monografico della rivista "L'Histoire" (1985) con l'aggiunta di articoli già apparsi fra il '78 e l'84. È un testo di divulgazione fatto di saggi brevi e scorrevoli, corredati da illustrazioni ben scelte. Il prestigio dei curatori dovrebbe garantire la qualità dei contenuti. Le Goff ci dice in apertura come nel corso dei secoli l'atteggiamento dell'uomo di fronte alle malattie si sia mantenuto pressocché costante tra la fiducia nella razionalità scientifica e l'attesa magica, ma la sua promessa di problematicità finisce col venir disattesa fin dall'inizio. L'inizio della medicina moderna è visto come emergenza dal "magico" alla luce di ciò che oggi la scienza rinnega in quanto non giustificato da criteri di razionalità pragmatica. Ne vanno di mezzo, tra gli altri, il legame fra malattia organica e mentale e il ruolo svolto nella cura dalla qualità del rapporto medico-paziente, entrambi presenti in varie forme nel pensiero medico dai Greci agli Arabi e alla Controriforma. Infatti la malattia, non importa se fisica o psichica, era vista dalle scuole classiche come uno squilibrio (di umori, sostanze o accidenti) sino a quando la Chiesa, facendo i suoi conti, decise di tenere per sé la gestione dell'anima e di cedere gradualmente ai laici la gestione degli ospedali, e cioè del corpo malato. Le cose non vanno meglio nelle successive sezioni dedicate alle malattie di rilevanza sociale, alle condizioni di vita dei malati e ai progressi della terapia.
Ci si aspetterebbe infatti che non venisse ignorata una visione della malattia condivisa per tanto tempo da medici, filosofi e malati veri o immaginari; n‚ si capisce perché, se si vuole fare storia delle malattie e non della medicina, si debba privilegiare l'oggettivo a scapito del soggettivo. Pur apprendendo notizie interessanti e curiose tratte da fonti d'epoca, le occasioni mancate sono molte. Dall'omissione della sifilide (trattata in una monografia parallela come incidente delle pratiche d'amore) e quindi dei suoi risvolti psicosociali, alla liquidazione della controversia tra corporazione medica in ascesa e forze religiose circa l'origine mentale dei "vapori" o dell'ipocondria. Si perde così ancora una volta la possibilità di analizzare il ruolo svolto dall'idea di psiche nella formazione delle altre idee in medicina, e il loro impatto sul costume. Va da sé che l'ultima sezione, al di là delle notizie sulla parte avuta dalle compagnie di assicurazione nella vaccinazione antivaiolosa di massa o nelle prime trasfusioni di sangue (che succede se si scambia il sangue di un quacchero con quello di un vescovo?) corona una visione trionfalistica della scienza nel suo irresistibile progresso.
Contrasti, dissidi, piazzate e fratture sono felicemente ricomposti? Il commento finale di Sournia - "La malattia non ha esistenza in sé, è un'entità astratta alla quale l'uomo ha dato un nome" - in tale contesto organicista suona mirabilmente ambiguo. Il messaggio della raccolta finisce così con l'allinearsi con le tante versioni ufficiali frutto di quel qualunquismo storiografico ancora diffuso in medicina.

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