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James Mathew Barrie nel 1904 scrisse la commedia Peter Pan, a cui nel 1906 e 1911 fece seguire i due libri ispirati all'eroe eponimo, il Ragazzo Meraviglioso vestito di foglie secche che non vuole crescere, destinato a diventare icona, metafora e sindrome del rifiuto di assumere responsabilità. Poi donò i cospicui diritti dei libri all'ospedale pediatrico di Londra, che ora ha bandito un concorso per scrivere il seguito di quei capolavori, concorso vinto da Geraldine McCaughrean. Nei sonni degli ex Bambini Smarriti, ora Vecchi Ragazzi cresciuti, compaiono sogni indesiderati che lasciano sul cuscino strani oggetti: spade, archi, frecce, piume, bende da pirata, persino odore di pesce e un coccodrillo. I Vecchi Ragazzi partono allora per l'Isola-che-non-c'è, dove Peter Pan muore di noia, ma Michele non c'è perché è andato in guerra e si è perduto. È un indizio. L'Isola è cambiata in peggio, non è più verde, è inquinata dallo smog. Tuttavia Peter e i suoi compagni ripartono con le avventure, per una caccia al tesoro e al drago, reincontrano pirati, pellerossa, fate, persino Capitan Uncino. Del quale apprendiamo la triste storia di bambino derubato dell'infanzia, dello sport in cui eccelleva, della scuola di cui la madre non poteva pagare le tasse. No, non è stato questo Cattivissimo ad avvelenare l'Isola, bensì alcune macerie volanti della Grande Guerra, proiettili, schegge, granate che hanno fatto buchi nel tempo che separa l'Isola dell'eterna infanzia dal nostro mondo quotidiano e terribile. Naturalmente il "vecchio" Peter Pan di Barrie era un'altra cosa, anche se "politicamente più scorretto", simbolicamente più pregnante, narrativamente più intenso, ma anche questo nuovo di McCaughrean, se serve ad aiutare un ospedale per bambini, ben venga.
Fernando Rotondo
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