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Anno edizione: 2020
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Il sottotitolo “Romanzo d’amore e di storia” ci aiuta ad inquadrare già il tenore di questo nuovo lavoro di Martino Panico. Ma attenzione. Qui c’è molto di più in ballo. Il romanzo, in realtà, è così pieno di sfaccettature, su molteplici livelli, che una recensione completa e dettagliata prenderebbe tante pagine quanto quelle del libro, se non di più. Mi limiterò, quindi, a tracciarne le linee essenziali, lasciando al lettore, come suol dirsi, il piacere della scoperta. Inizio da un elemento che mi ha particolarmente colpito fin da subito: l’uso del linguaggio. È quasi incredibile la maestria con cui Martino Panico passa, con disarmante nonchalance, da una narrazione di tipo personale e familiare ad una di tipo storico-politico, dal tono piacevolmente didascalico a quello filosofico-spirituale, dal racconto lineare di fatti del passato alla tecnica dello stream of consciousness nell’esposizione del pensiero del protagonista. Il tutto ben cucito insieme come un abito di alta sartoria, che si adatta perfettamente alle forme e alle sfaccettature, e alle aspettative, del lettore. Alberto e Maria, i due protagonisti, rappresentano la lotta sempiterna tra amore e odio, tra rancore e riappacificazione, tra le tenebre della morte e la luce della rinascita. C’è molto, in questo romanzo. C’è tanto, tantissimo. E la presentazione dei tanti eventi viene felicemente risolta alla “Shakespeare”, con l’introduzione di subplot i quali, lungi dall’inficiare la linea narrativa, al contrario l’accentuano e la rafforzano in una perfetta armonia. Per restare in campo shakespeariano, come nell’Amleto si presenta un teatro nel teatro, in Pian di luce si presenta un romanzo nel romanzo, quando i due protagonisti incontrano Ferruccio, la memoria storica del luogo, colui che, narrando il suo racconto, inserisce tra i due innamorati, pur involontariamente, un momento di crisi apparentemente senza uscita. Ma l’uscita, Martino, ce la indica eccome. Direttamente e indirettamente. Da leggere.
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