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Camilleri non delude mai. Questo ennesimo capitolo della serie del commissario Montalbano non delude le aspettative dei lettori, riproponendo l'amatissimo protagonista alle prese con un mistero che, come al solito, si dissimula dietro false apparenze, per rivelare all'ultima pagina una realtà ben diversa da quella inizialmente ritenuta più probabile. Un buon giallo che intrattiene come promesso.
Camilleri è sempre una garanzia. Storia di attualità, atmosfera però più cupa del solito. Consigliato.
L’amarezza pervade Montalbano e Livia nel ricordo del piccolo Francois (ladro di merendine) prematuramente deceduto. Il tempo è niro niro e inclemente. L’età avanza, lui è solo, Livia lontana. Un morto ammazzato apre un’indagine dalle molteplici situazioni ingarbugliate e paludose, una piramide di fango. Molti colpi di scena la rendono però interessante e meritevole di una lettura.
Recensioni
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Salvo Montalbano è angosciato. Ha trascorso una notte insonne pensando a Livia sola a Boccadasse e proprio quando il sonno è giunto a donargli un po’ di sollievo, un incubo inquietante lo ha scosso, svegliandolo definitivamente e riportandolo alla triste realtà.
È vivo il ricordo della morte di François, il bambino che abbiamo conosciuto nel romanzo Il ladro di merendine e che i due, Livia e Salvo, avrebbero voluto adottare.
Livia è ancora molto provata, ha deciso di non lasciare Boccadasse e nelle sue lunghe telefonate con Salvo emerge tutto il dolore e la prostrazione per l’accaduto e il lettore non può fare a meno che provare affetto per lei.
Sono giorni duri per il commissario e il cattivo tempo che persiste da molto a Vigàta non allevia di certo il suo stato d’animo: acquazzoni incessanti e tuoni rumorosi non danno alcuna tregua, la pioggia violenta trascina con sé case e terreni restituendo alla fine una coltre di fango.
È in una di queste tremende giornate che Montalbano riceve da Fazio una chiamata. Il suo collaboratore lo informa della presenza di un cadavere in un cantiere edile: si tratta di un giovane trentenne, Giugiù Nicotra, freddato da un colpo di pistola alle spalle.
L’uomo è mezzo nudo, indossa soltanto una canottiera e degli slip, segno che è stato sorpreso di notte mentre era a letto. Il suo corpo viene ritrovato, riverso, in una condotta edificata per le tubazioni d’acqua, un posto angusto e non semplice da raggiungere. Giugiù Nicotra ha cercato invano una via di salvezza, ma il suo assassino lo ha sorpreso alle spalle e non gli ha lasciato alcuno scampo.
Il commissario intuisce subito di trovarsi di fronte ad un caso delicato e complesso, molto più grande di quello che sembra. Un caso che coinvolge l’intero mondo dell’edilizia e degli appalti pubblici. L’indagine parte un po’ a rilento e Montalbano si districa con fatica tra le mille articolazioni del caso: l’omicidio è solo la punta dell’iceberg di una realtà viscida e melmosa che vede collusi imprenditori, appaltatori e funzionari pubblici. Un tassello alla volta, Salvo procede nell’inchiesta e riesce a completare il mosaico. Ogni indizio, ogni personaggio coinvolto conduce inevitabilmente ai cantieri e a una società corrotta, fatta di favori e di legami indissolubili. Sembra proprio che tutto il fango che ha colpito Vigàta si sia accumulato e sia ricaduto anche sui cantieri investendoli. Ora sta al commissario districarsi tra tutta questa melma e ridare dignità a quel corpo, ma una cosa Montalbano non riesce a togliersi dalla testa… che Nicotra, il morto, andando a morire in quella galleria, l’avesse fatto di proposito, nella volontà di comunicare qualche cosa. Ed è proprio la galleria l’inizio e la fine di tutto.
Un romanzo che prende spunto da vicende sempre attuali: il connubio tra politica e affari illegali. Ancora una volta Camilleri intreccia finzione e realtà in un libro colmo di colpi di scena e di vicende eterogenee che finiscono inevitabilmente per intersecarsi.
Un personaggio a tutto tondo, tratteggiato dall’autore anche nei suoi aspetti più intimi e personali, colto da improvvisi attacchi di solitudine e tormentato dalle vicende passate.
Un giallo coinvolgente, in cui il ritratto del commissario appare ancor più vero, proprio perché delineato nella sua interezza, di uomo e di poliziotto.
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