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Anno edizione: 2007
Anno edizione: 2011
In una precisa e nitida presentazione Roberto Carnero ci traghetta attraverso l'avventura della produzione poetica scapigliata. Un'introduzione demiurgica in cui il curatore, fatta salva la tentazione di esprimere unicamente il proprio punto di vista, si muove attraverso le voci dei protagonisti di quella stagione e dei suoi posteriori e principali critici. Ne viene fuori un accorto ritratto di un movimento antinomico e, per definizione, transitorio. In pagine lucide vengono trattati, senza l'ansia di un punto fermo da apporre in conclusione, i principali nodi valutativi riguardanti quella stagione della nostra letteratura: la condizione di proto-avanguardia, le istanze ribellistiche e anti-borghesi (e spesso decisamente piccoloborghesi), il rapporto ambivalente con il romanticismo di matrice nordica e con la sua menomata (civile o patetica) versione nostrana, il legame conflittuale con lo scientismo positivista, mortificante da un lato nella sua dichiarata inerzia dinnanzi all'inconoscibile, ma già pronto a farsi, nella sua accezione ardigoiana e post-ardigoiana, metafisica riqualificata con le recenti scoperte scientifiche. In una ricognizione che pure privilegia i "maggiori" (Praga, Boito, Tarchetti), non si manca di dar spazio alle esperienze più laterali: quelle più giocate su di un filone populistico o socialisteggiante (Ghislanzoni, Fontana, Cavalotti) e quelle, in particolare in aria piemontese (Camerana su tutti), più eversive, come da insegnamento continiano, negli aspetti formali. Non è questo un libro che pretende di chiudere diatribe: presentando anzi spesso il conflitto delle interpretazioni mostra un territorio ancora aperto e fecondo, imprescindibile per qualsiasi attento lettore dell'ultimo Ottocento o del primo Novecento. "Le idee non si spargono e non continuano che grazie alle loro interne contraddizioni", avrebbe scritto qualche anno dopo il giovane Prezzolini (Studi e capricci sui mistici tedeschi, Quattrini, 1912). Mostrando ciò, Carnero non ha posto un sigillo negativo sulla poesia scapigliata, ma ne ha approntato la miglior difesa possibile. Mimmo Cangiano
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