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Il testo è un insieme di piccole frasi affastellate e apparentemente slegate le une dalle altre. Sembra scritto in mofo affrettato, e non sembra esserci un minimo di approfondimento, né, tanto meno, un tentativo di dimostrare quanto ciascuna frase afferma. Alla fine lascia poco.
Un libro molto breve su quella che è la storia del risorgimento, con alcuni apprezzabili accenni su quelli che sono stati i veri sconfitti del risorgimento, ovvero, i cittadini Piemontesi, che sono passati dalla dittatura autoritaria ma per alcuni aspetti efficiente dei Savòja, alla dittarura disastrosa ed infecciente di una casta di italiani. Se l'autore avesse raccontato tutto il periodo storico che il libro abbraccia, con gli eventi citati descritti in modo completo, il libro sarebbe dovuto essere molto più lungo delle sue 192 pagine, per questo leggendo il libro, si ha spesso la sensazione che alcuni eventi siano stati mozzati o raccontati con molta fretta. Il libro sembra scritto anche con una certa indipendenza, se non fosse per alcuni accenni in favore a quella che è il pensiero della Lega, le cui idee citate sono già state discusse e definite come inutili se non addirittura dannose da numerosi intellettuali. Molto bello è il quadro descritto sulla concessione dello Satatuto Albertino, in quanto toglie quel velo di misticismo che accompagna i libri di stato che raccontano del risorgimento, e toglie la mashera a Carlo Alberto, non facendolo apparire come il grande liberale che non era, ma come il re "tentenna", incapace di prendere la decisione giusta. Sul libro la stessa sorte tocca al suo successore Vittorio Emanuele II, incapace di gestire l'esercito Piemontese, infatti saranno i Francesi a fare l'italia. Molto contestabile l'ultimo capitolo, in cui si presenta la chiesa come vittima del risorgimento, in quanto ora si trova più forte che mai anche in regioni che escono dal suo antico dominio temporale, e le permettono di controllare la vita dei cittadini italiani anche nel letto grazie ai mezzi di informazione, e con propietà in tutta la penisola. Belle le parole finali sull'immigrazione in italia, e le descrizioni di Cavour come spietato giocatore d'azzardo, assetato di fare l'italia solo per un tornaconto personale e Mazzini come uomo esaltato e codardo.
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