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Anno edizione: 2019
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Un morto scomparso nel nulla, o che forse non c'è mai stato. E due cadaveri sin troppo reali.
«Attualmente il miglior autore di gialli di qualità» - Corrado Augias, il Venerdì di Repubblica
«Tuzzi si dimostra un maestro» - Corriere della Sera
«Tuzzi si diverte cupamente con i luoghi comuni della nostra società moderna» - il Fatto Quotidiano
Quali fili invisibili collegano noti e apprezzati professionisti della buona borghesia milanese alle piccole vite circoscritte nel povero periferico complesso delle Torri Zingales? Chi ha ucciso il Cragna al suo esordio come spacciatore? E quel Santino Guardascione con obbligo di firma che si direbbe svanito nel nulla? In tutta la Questura soltanto Melis sa che un mese prima, nell'afosa notte del ferragosto 1989, in una villa deserta e piena di simboli esoterici, un cadavere seduto in poltrona prima c'era e poi non c'era più. E se si aggiunge che ora in quella stessa villa, di morti ammazzati ce ne sono ben due... Ma tutta questa bizzarra indagine – nella quale, fresco di promozione a primo dirigente, Melis si trova a disagio come chi abbia compiuto da subito un passo falso – si muove fra mondi dove le parole sembrano rinviare ad altro. E, sempreché il cadavere scomparso fosse davvero un cadavere, e si trovasse davvero là dove pareva trovarsi, Melis, impegnato ora su un efferato duplice omicidio, non può che concordare con quanto afferma Umberto Eco, puntualmente citato da Fiorenza: «Quando uno tira in ballo i Templari è quasi sempre un matto».
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Grande - forse eccessivo - sfoggio di erudizione e non sempre motivato. Se si tolgono le conversazioni sui templari, massoni e via dicendo del libro rimane veramente poco. I delitti vengono alla fine risolti un po' sbrigativamente e come en passant.
Il giallo e il doppio debito da risolvere sono in realtà il pretesto per un lungo sfoggio di cultura e di ricerca linguistica; il crimine in realtà si risolve in maniera quasi banale dopo un lungo girare a vuoto della squadra guidata da Melis; il contesto culturale in cui operava una delle vittime e le persone che ne costituivano la cerchia di amici o presunti tali rimane affascinante e curiosa, anche nel suo eccessivo divagare rispetto alla linea centrale della narrazione.
Pagine e pagine su templari, massoni e quant'altro e poi uno striminzito finale per dirci che tutta una serie di coincidenze aveva portato a capire cosa era successo in quella villa dove due uomini erano stati uccisi: era questione di droga, in particolare di cocaina che uno dei due, il maggiordomo, usava alla grande e spacciava nella sua vita di gigolo. E tutta una serie di milanesi ricchi che consumano cocaina a volontà nella Milano da bere del 1989.
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