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Il libriccino edito da Petite Plaisance nel 2015 raccoglie un saggio e cinque poesie pubblicati su rivista da Margherita Guidacci rispettivamente nel 1955 e nel 1961, ma probabilmente scritti anni prima. Il saggio “Il pregiudizio lirico” polemizza esplicitamente con l’idea, radicata come un luogo comune, che identifica la poesia con la lirica, quasi non esistesse un altro modo di scrivere versi se non liricamente. Se già gli antichi riconoscevano nella poesia generi diversi (epica, drammatica, didascalica, satira…), dall’800 in poi - con il romanticismo e poi con il simbolismo – è invalsa l’abitudine e la convinzione che la vera poesia potesse esprimersi solamente nell’illuminazione emotiva, nell’idillio, nel frammento, producendo una reale monotonia dell’espressione poetica, avallata dalla maggioranza dei critici, a partire da Croce. Un lirismo che incoraggia l’espressione edulcorata, sognante, retorica, soggettiva, individualistica, avulsa dalla realtà, confezionando un linguaggio «artificiale ed incontaminato», anche quando tenti la carta della provocazione come nei futuristi, o dell’inconscio e dell’incomunicabilità come lo strutturalismo e l’ermetismo. Le cinque poesie presentate con il titolo “Consigli a una giovane poeta” mantengono la stessa radicale intenzionalità polemica del saggio, e bastano i seguenti versi – intensi e perentori – a renderne prova: «Meglio scrivere un libro importante nel deserto / […] Che diventare celebri per equivoco», «Mio Dio salvami dalla parola condotta in parata come un vitello / nel giorno di fiera», «Libera il tuo cuore ed ascolta, perché non vi è altro da fare», «Obbedisci all’azzurro […] / L’azzurro e chi è sopra l’azzurro sanno bene perché ti hanno / chiamato».
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