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«Tre cose non si possono nascondere - recita un proverbio arabo - Un cammello nel deserto, un uomo innamorato e un fuoco.» Tutto nasce da un discorso tra due uomini in cui l'autrice è una silenziosa partecipante. Due uomini che parlando di prole, gonfiano il petto nell'informare l'altro di aver avuto diversi figli da diverse compagne. Ogni donna avrebbe detto la sua senza peli sulla lingua, ma l'autrice non ha colto la provocazione perché "Il risultato, dopo che si sono persi i gangheri a sentire tante idiozie insieme, è sentirsi tacciata di ragionare con l'utero." Ed è con questa apertura che la figura maschile diventa il Sultano dell'Harem, paragonando l'harem della cultura orientale a quello della cultura occidentale. Così veniamo introdotte in storie raccontate da donne appartenenti a categorie precise: si va dalla moglie Penelope che attende il proprio uomo finché vorrà decidersi a tornare, alla bella addormentata che pur di non turbare l'equilibrio di coppia, fa orecchie da mercante. Poi c'è l'Ondina, la fredda calcolatrice; l'estetica, quella che punta tutto sulla bellezza. La Cyborg, mancante della bellezza convenzionale, ma munita di cervello sopraffino che affascina il Sultano; la super segretaria che vive per essere lo scrigno dei segreti del maschio che la stipendia. E poi ci sono le guerriere, quelle che giurano di non sottomettersi per poi rimangiarsi tutto nel momento in cui incontrano l'amore. Ci siamo tutte, anche se le esperienze descritte sono romanzate. Questo libro è un'analisi che porta le donne a fare un profondo esame di coscienza. Confortante il finale, dove l'autrice ammette che anche lei è stata abbacinata dalla figura di un uomo bruno, lasciandoci la speranza che il principe azzurro potrebbe esistere. Ho trovato questo romanzo bello e scorrevole, il testo è curato, elegante e sarcastico nei punti giusti. Senza mezzi termini, l'autrice riesce a sdrammatizzarne un argomento che coinvolge tutte.
Diverse voci femminili si fanno largo tra le pagine di un libro, che non è romanzo, né racconto, né saggio, ma forse (se possibile) tutte le cose insieme. Un libro che ti accompagna con riflessioni mai scontate e che fa riflettere su ciò che siamo abituati a dare per scontato. Vale a dire l'amore, la relazione, la costruzione di sé attraverso lo sguardo dell'altro. E l'autrice lo fa con una tesi dissacrante che propone un harem occidentale sul modello di quello in uso in Oriente. Il presidente e tutte le donne dell'harem è un libro che prende spunto dalla realtà per poi attraversarla, mettendo in luce vizi e difetti del vivere contemporaneo. La cornice che tiene insieme i racconti delle donne, la tesi che sottende il libro è che le donne inseguono spesso la stessa tipologia d'uomo, pur ricercando (quasi in modo schizofrenico) nella propria vita autonomia e indipendenza. E l'uomo protagonista del libro e della vita di tutte le donne che raccontano la propria relazione con lui altro non è che il Sultano, una sorta di archetipo (come viene definito dall'autrice) in grado di unire Oriente e Occidente. I racconti femminili sono chiusi idealmente dentro una cornice che l'autrice utilizza per riflettere la relazione tra uomo e donna, tra passato e presente, tra Oriente e Occidente. Cosi i primi capitoli introducono non solo alle motivazioni che hanno spinto alla scrittura del libro, ma ripercorrono il concetto di matrimonio, di convivenza, di concubinaggio, e le ultime provocazioni sul poliamore o l'etica della zoccolaggine. L'ultima parte è dedicata propriamente alla riflessione del sentimento amoroso. Anche qui l'amore è osservato con insoliti strumenti, le liriche d'oriente che rinviano a un concetto di amore libero dal possesso, dalle proiezioni, dal narcisismo. .
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