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Eccomi a parlarvi di una rivisitazione oscura e affascinante del mito di Re Mida. Questo romanzo ci trasporta nel regno di Orea, dove la protagonista, Auren, vive come favorita del re, rinchiusa in una gabbia dorata che simboleggia sia il potere di Mida che la sua prigionia. Auren è una protagonista complessa, che incarna sia fragilità che forza interiore. La sua ironia e il suo spirito combattivo emergono nel corso della narrazione, rendendola un personaggio con cui è facile empatizzare. Vive confinata in una gabbia che copre l'intero piano superiore del castello, con passerelle sbarrate e stanze integrate, permettendole di muoversi liberamente all'interno dei limiti imposti. Re Mida, d'altro canto, è rappresentato come un sovrano potente ma ossessionato dal controllo, la cui relazione con Auren è intrisa di possessività e ambiguità morale. Uno degli aspetti più inquietanti del rapporto tra Auren e Mida è la manipolazione psicologica che il re esercita su di lei. Lui si presenta come il suo salvatore, l’unico uomo che può darle sicurezza e stabilità. Ma nel farlo, le nega la libertà di scelta, le impone un’esistenza confinata, dove ogni sua decisione è filtrata attraverso il volere del re. Auren si convince che il suo posto è accanto a Mida, che tutto quello che ha vissuto prima di lui era peggio e che, quindi, deve essergli grata. Questo tipo di dipendenza emotiva è un meccanismo che si ritrova spesso nelle relazioni tossiche e abusanti: la vittima si sente in debito con il proprio carnefice, lo giustifica, arriva persino a pensare di non meritare di meglio. Lo stile di scrittura di Raven Kennedy è diretto e crudo, senza giri di parole. La sua capacità di descrivere scene intense cattura il lettore sin dalle prime pagine, inoltre costruisce un legame che sembra dorato all’esterno, ma che nasconde crepe profonde, mettendo in discussione il concetto stesso di amore e protezione.
Esistono prigioni con sbarre di ferro, catene e chiavistelli. E poi ci sono prigioni che luccicano, che ammaliano, che sussurrano promesse di amore e protezione mentre ti stringono sempre più forte. La prigioniera d'oro di Raven Kennedy esplora proprio questo tipo di prigionia: quella che non si impone con la forza, ma con il veleno sottile della dipendenza emotiva e della manipolazione psicologica. È un Dark Fantasy, certamente, con vibes seducenti e impreziosite da sospiri e vagheggi che hanno il sentore di deliri a occhi aperti, ma la cruda verità è che attraverso una metafora eclatante si lancia un messaggio inequivocabile. Auren è la preferita di re Mida, il sovrano dal tocco dorato,Vive in un castello d’oro, circondata da lusso e ricchezze, adorata come un gioiello raro. Ma sotto la patina brillante, si cela una realtà brutale: Auren è una prigioniera, una creatura fragile rinchiusa in una gabbia che, per quanto sia estesa, resta pur sempre una gabbia. Quanto è difficile riconoscere di essere prigionieri quando la prigione è dorata?La prigioniera d’oro non è solo una storia d’amore e fantasy. È una discesa negli abissi della dipendenza emotiva e una lenta risalita verso l’autodeterminazione. È un libro che sussurra ai lettori intrappolati in dinamiche tossiche, che offre una luce alla fine del tunnel, che insegna che nessuna gabbia, per quanto bella, può essere una casa. La prigioniera d’oro è il primo di una saga e immagino che la strada per la protagonista sarà ancora molto lunga. Distaccarsi dal re e da tutto ciò che ha sempre rappresentato per lei non sarà facile e non basterà un rapimento per farla rinascere. Le catene che la legano al passato sono ancora troppo strette e presenti, ci vorrà tanta rabbia, amore per se stessa e voglia di speranza per riappropriarsi della propria vita e della sua voce. Ci riuscirà?
Ho adorato tutto di questa saga!!
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