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Anno edizione: 2007
Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2021
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Nell'introduzione, Boitani è perentorio: "Se l'opera letteraria non dice qualcosa ai viventi, è definitivamente muta". Un esordio integralmente umanistico, questo, che, in quanto tale, un George Steiner sottoscriverebbe volentieri, al tempo stesso elogiando le strategie argomentative su cui l'autore basa il suo discorso, animato dalla stessa passione, controllata ma percepibile, di cui vivono i suoi Linguaggi e silenzio o Le Antigoni o Vere presenze. Per il resto, a chi legge vengono in mente le Lezioni americane di Calvino e le Lezioni di letteratura di Nabokov: anche in Boitani, infatti, il dichiarato intento didattico poggia su un continuo dialogo con i testi, tutti attinti dal canone alto e tutti riletti con un'acutezza che va ben oltre la dichiarata modestia dei fini. Con una peculiarità: alle sue analisi fa, per così dire, da basso continuo una concezione religiosa della vita (se non proprio cristiana in senso stretto), sostenuta da costanti riferimenti alla Bibbia, che anima diverse pagine e quasi tutte le sezioni dedicate a Shakespeare. Potrebbero agevolmente nascerne forzature, ma l'autore non dimentica l'ammonimento di Adorno, per il quale "ogni interpretazione è lecita, purché sia coerente con le proprie premesse e con il testo", legando ogni argomentazione, anche la più ardita, alla tessitura verbale delle opere.
Il volume è diviso in quattro sezioni definite da verbi all'infinito: Morire, Stupire: essere e creare, Compatire, Rinascere, nei quali fanno nido questioni ontologiche (quindi, anche religiose) fondamentali, che la letteratura ha discusso fin dalle sue origini, trasformando in bellezza il suo stesso interrogarsi. Diceva il Lukács di L'anima e le forme, che "in fin dei conti ciò di cui tratta la letteratura è l'anima dell'uomo e il suo destino" e il saggio di Boitani lo dimostra con una copiosa messe di testimonianze. Nel primo capitolo, infatti, le citazioni da Omero, Dante, Chaucer, Melville, Tolstoj, Hemingway, Melville (per quanto riguarda i primi due, Boitani si rimette Sulle orme di Ulisse, come recita il suo saggio appena riproposto dal Mulino), danno forma a una sorta di macrotesto a sé stante, in cui il tema della morte viene sovrapposto a quello della vecchiaia e, in alcuni felicissimi frangenti (penso alla lettura del Racconto dell'indulgenziere di Chaucer), all'impossibile dialogo fra giovani e vecchi. Lo stesso avviene nelle rimanenti sezioni: lo stupore, da cui Platone faceva nascere la filosofia e Aristotele (con le sue riflessioni sul mito) la letteratura, diviene legandosi al tema del viaggio possente e spesso dolorosa cosmogonia nell'Iliade, nella Commedia, in Leopardi, nelle pagine che l'Ulisse joyciano dedica al viaggio mentale di Leopold Bloom. Alla conoscenza raggiunta per mezzo del dolore condiviso Boitani dedica, intrecciandovi il tema anch'esso fecondo dell'agnizione, gli ultimi due capitoli: muovendo dal dialogo fra Elettra e Oreste nella tragedia di Sofocle, ci accompagna ancora una volta nelle opere di Omero, del Dante del Purgatorio (molto fini, le riflessioni sulla figura di Forese Donati) e, soprattutto, di Shakespeare, al quale è dedicata l'intera, suggestiva ultima sezione.
Stefano Manferlotti
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