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scheda di Bongiovanni, B., L'Indice 1994, n. 7
Da Hobbes i partiti politici furono considerati "i vermi nell'intestino dello Stato" e dallo stesso Hegel vennero ritenuti, a differenza della burocrazia "unitaria", forze meramente particolaristiche. In Inghilterra, tuttavia, sin dal Settecento, il partito venne accolto come disvelamento istituzionalizzato di interessi comunque presenti nella società civile (il luogo genetico della contrapposizione): contemporaneamente il partito stesso si organizzava di fatto nei raggruppamenti parlamentari (il luogo dove la contrapposizione acquistava voce e capacità di mediazione). In Germania, invece, questo è il punto di partenza dell'ampio studio di Amato, la creazione di potenti apparati amministrativi, sottomessi all'autorità del monarca, ha di molto preceduto l'associazionismo politico-sociale dei 'Vereine', terreno di coltura, negli anni trenta e quaranta dell'Ottocento, dei partiti politici tedeschi. Viene poi seguita, attraverso gli scritti di Mohl, Treitschke, Schmoller, Erzberger, Kautsky e altri, la storia reale e la contemporanea teoria dei partiti, impossibilitati, nonostante lo scacco delle misure bismarckiane contro cattolici (Kulturkampf) e socialdemocratici (Sozialistengesetz), ad accedere al reggimento della cosa pubblica dalla forma monarchica e non parlamentare del governo, ma pur presenti e frammentati, come un'eco dei "corpi" feudali, nella rappresentanza "politica" e non "statale" del polimorfo paesaggio sociale, confessionale, regionale ed economico della Germania guglielmina. Il Reich, così, non piegò i partiti, ma i partiti non liberalizzarono il Reich.
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