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La parola "intenzionalità", a differenza dell'uso che se ne fa nel linguaggio comune, nel gergo filosofico corrisponde all'incirca alla proprietà della mente di essere sempre, o almeno nella maggior parte dei casi, diretta verso qualcosa. Il nostro percepire, desiderare, credere, dubitare ecc. sembra richiedere un oggetto verso cui dirigersi. Infatti, come immaginare un desiderio che non sia un desiderio di qualche cosa in particolare? Le discussioni filosofiche sull'intenzionalità, da Platone in avanti, caratterizzano molti momenti della storia del pensiero occidentale, con un picco di interesse nella scolastica. Grazie ai contributi di Brentano, il tema dell'intenzionalità assume nel Novecento una straordinaria centralità. Dopo una fase in cui è quasi esclusivamente la filosofia di tradizione fenomenologica a occuparsene, oggi le discussioni sull'intenzionalità costituiscono un capitolo fondamentale della filosofia analitica contemporanea.
Come mai ci si continua a occupare di un problema vecchio quanto Platone? Alberto Voltolini e Clotilde Calabi ci mostrano le numerose e ottime ragioni per le quali, oggi più che mai, è importante occuparsi di intenzionalità. Il volume esplora il complesso panorama degli attuali dibattiti filosofici sulla natura della mente a partire da uno dei suoi principali quesiti, ovvero che cosa sia, per uno stato mentale, avere intenzionalità. Questa domanda non è rilevante solo per il filosofo, che tipicamente affronta il problema sotto il profilo teorico, ma interessa anche chi, da linguista, neurobiologo, psicologo ecc., lo affronta sotto il profilo empirico. Il testo, pur mantenendo un carattere genuinamente filosofico, riesce a dialogare con lettori eterogenei sia per formazione sia per interessi. Gli autori assolvono con efficacia al non facile compito di mettere in luce i punti in cui la discussione filosofica sull'intenzionalità si interseca con problemi tipici di discipline diverse dalla filosofia. Un intero capitolo è dedicato all'intenzionalità delle esperienze percettive, con una particolare attenzione alle esperienze non veridiche, quali le allucinazioni e le illusioni percettive. Inoltre, poiché gli oggetti intenzionali possono essere anche visti alla stregua degli oggetti fittizi, come i personaggi frutto della creazione letteraria, il libro in più punti propone riflessioni che raggiungono direttamente i teorici della letteratura. Sullo sfondo c'è poi il grande problema della coscienza, attualmente considerato la nuova frontiera delle scienze cognitive. Gli autori presentano le diverse prospettive sulla relazione tra coscienza e intenzionalità e sulla sua naturalizzazione, in altre parole sulla possibilità che una proprietà mentale come quella dell'intenzionalità possa essere studiata con gli strumenti delle scienze naturali.
A dire il vero, lo scopo dichiarato dagli autori è di fornire un'introduzione ai tanti aspetti del problema dell'intenzionalità, ma il risultato va ben oltre gli intenti dichiarati. Certamente, il lettore che cerca un'introduzione non resterà deluso. Il libro fornisce una chiara analisi delle categorie terminologiche e concettuali necessarie al trattamento dei fenomeni mentali. Inoltre, le diverse posizioni teoriche che si incontrano e scontrano nei dibattiti contemporanei sono presentate con esaustività e con un costante ed efficace utilizzo di esempi, che ne agevolano la comprensione. Un ulteriore pregio del libro è quello di fungere da mappatura delle discussioni sulla natura del mentale: gli autori riescono abilmente (e amabilmente) a orientare il lettore in un percorso che attraversa gli intricati dibattiti sull'intenzionalità, fornendo un'efficace bussola per districarsi tra concetti filosofici, proposte teoriche e complesse argomentazioni. Infine, va segnalato il costante ricorso all'argomentazione come pratica discorsiva e metodo filosofico, che ha lo scopo principale di chiarire i punti di forza e di debolezza delle diverse proposte teoriche a confronto. Al lettore è lasciata l'ultima parola nel decidere quale, fra le teorie presenti sul mercato, è la più convincente o, almeno, la meno problematica. Il libro assume così anche un carattere di esempio di pratica filosofica, cioè non solo mostra di che cosa si occupano i filosofi, ma anche di come fanno filosofia. Anche per quest'ultimo tratto il libro si porta di là dal carattere introduttivo e dimostra una profonda portata didattica nella misura in cui, parlando di filosofia, coglie l'occasione per svelarne la pratica sottesa.
Nevia Dolcini
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