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Quel video è stato visto migliaia di volte. Si distinguono sei uomini magri e spaventati (tre di essi minorenni) che vengono malmenati, derisi e infine fucilati da un gruppo di miliziani. Era l'estate del 1995, la guerra in Bosnia volgeva al termine, non prima di esigere l'ultimo drammatico tributo di sangue. L'11 luglio le truppe dell'Onu consegnavano senza colpo ferire l'enclave protetta di Srebrenica alle truppe serbe del generale Mladić. Ottomila musulmani venivano trucidati nei giorni successivi. I corpi sepolti in fosse comuni; i resti dispersi in un'ampia regione a cavallo del confine con la Serbia. L'ultimo libro di Jasmina Teanović non parla del massacro o delle vittime, ma dei carnefici. Quel gruppo di miliziani ripresi nel filmato apparteneva alla formazione paramilitare degli Scorpioni, e venne processato a Belgrado tra il 2005 e il 2007. E questo è un diario, con tutti i sentimenti, violenti e contrastanti, tipici della letteratura autobiografica. È il diario di una serba, esponente delle Donne in nero di Belgrado, che segue il processo in solidarietà con i parenti delle vittime giunti dalla Bosnia. Ne esce un ritratto affascinante e surreale di una piccola banda di criminali ammantata di patriottismo; non se ne può subire il fascino, ma neanche provare vero odio. Sale più forte il disgusto, la pena per chi sceglie di uccidere a sangue freddo per soldi e potere, ma più spesso per subordinazione, inerzia, stupidità. Nonostante i mesi passati nella stessa aula, fianco a fianco con i criminali, le loro famiglie, i loro complici, resta la fondamentale incomunicabilità con un mondo visto con gli occhi di chi, pur appartenente alla stessa nazionalità di quegli assassini, non si lascia corrompere dalle logiche perverse del nazionalismo e del potere.
Eric Gobetti
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