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Steve e Sue sono due agenti di una multinazionale energetica mandati a McKinley, piccola comunità rurale della Pennsylvania, per persuadere gli abitanti a cedere le loro proprietà in cambio di alcune migliaia di dollari. La Global, società per la quale lavorano, ha infatti trovato nel sottosuolo di McKinley molto gas naturale che può essere estratto per mezzo della fratturazione idraulica, un metodo che comporta un grande rischio d’inquinamento ambientale. La Terra Promessa alla quale si riferisce il titolo del film di Gus Van Sant, basato su un racconto dello scrittore Dave Eggers e sceneggiato da due dei protagonisti: Matt Damon e John Krasinski, è forse quella Pennsylvania colonizzata a fine XVII secolo da William Penn; o forse, più prosaicamente, è quella terra che racchiude il gas naturale su cui ha gettato uno sguardo pieno di cupidigia la multinazionale energetica per la quale lavora l’ex ragazzo di campagna Steve Butler, un Matt Damon compreso nel ruolo di salvatore degli oppressi a suon di cifre a più zeri. In ogni caso il messaggio racchiuso dal film non risulta essere nè ecologico ma nemmeno capitalistico. Van Sant dirige nuoamente Damon a distanza di tre lustri da Will Hunting – Genio ribelle, e consente a chi vede gli sforzi del duo di agenti Steve e Sue, una Frances McDormand madre single con un figlio che gioca nella little League come lanciatore, nelle vesti a volte di amichevoli salvatori a volte di squali pronti a devastare un paesaggio pieno di campi, fienili e fattorie. Un finale a sorpresa aiutato dall’arrivo di John Krasinski, nella veste di agricoltore vittima della Global, e Rosemarie DeWitt, in quello di insegnante al quale cercare di sottrarre la fattoria di famiglia, aggiungono una virata a tinte maggiormente ecologiste e rosa a una pellicola buonista ma godibile e impreziosita da una fotografia, firmata da Linus Sandgren, che non si fa di certo dimenticare troppo facilmente.
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