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In questo libro, con stupefacente chiarezza, un grande fisico ci spiega come tutto ciò che percepiamo dipenda da accadimenti naturali che violano ogni aspettativa del senso comune. La via scelta è la seguente: guidare, come in un vero tour de force, ogni testa pensante negli impensabili meandri dell’elettrodinamica quantistica (abbreviata nella sigla QED del titolo). Il punto di partenza è la riflessione della luce. Prendendo le mosse da esperienze elementari, Feynman ci mostra come tale riflessione, lungi dall’essere un semplice mutamento di direzione di un raggio luminoso, sia un accadimento che va contro tutte le concezioni del senso comune. Da ciò una serie inarrestabile di conseguenze, in ogni direzione. E – ciò che più conta per il lettore non specialista – Feynman procede mantenendo sempre la spiegazione in stretto contatto con l’esame di varie esperienze fisiche, così da farci entrare, in certo modo, nella mente dello scienziato che le osserva (e, per certi fenomeni, la prima mente che osservava fu proprio la sua). Mentre al tempo stesso riesce a presentare concetti ben noti in termini sorprendenti per gli stessi fisici. C’è poi una importante novità di atteggiamento, in Feynman. Mentre alcuni fra i suoi illustri predecessori, pur avendo riconosciuto la sconcertante realtà della meccanica quantistica, continuavano a guardare con nostalgia alle sicurezze del senso comune insite nella fisica classica, Feynman è stato forse il primo fisico a vivere senza inibizioni lo shock della quantizzazione. Il suo criterio sembrerebbe il seguente: porsi spudoratamente al di là del buon senso e della intuizione comune, purché i conti tornino e le misure siano esatte.
Intorno a Richard Feynman si è venuta formando una sorta di leggenda. Premio Nobel per la fisica nel 1965 come riconoscimento alle sue ricerche di elettrodinamica quantistica (che sono anche il tema di questo libro), divenne presto una figura molto popolare e molto amata per la sua impressionante versatilità e per lo spirito irriverente, uniti a una rara capacità di rendere accessibili i fatti più complessi della fisica. Questo suo libro, che apparve nel 1985, ne è la dimostrazione più felice.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
E' un libro interessantissimo, presuntuoso come solo un volume di Feynman potrebbe essere. Lo scopo è spiegare la teoria dell'Elettrodinamica Quantistica a profani con un ciclo di conferenze in poche lezioni. Il risultato è buono, ma non soddisfacente, a mio avviso. Mentre l'autore riesce bene a mostrare i <i>conti con i fagioli</i>, come li descrive lui stesso, non tenta nemmeno di avvicinare il lettore da questa astrazione dei calcoli alla realtà fisica del fenomeno calcolato. Ovviamente i concetti che stanno dietro i calcoli sono estremamente complessi e, come spesso si ripete nel testo, ci vogliono anni di specializzazioni per capirli, ma penso che i principi quantistici fondamentali avrebbero potuto essere almeno introdotti in maniera soddisfacente. Con il proseguire dei capitoli assistiamo invece a un improvviso approfondimento della materia a un livello piuttosto complesso che a mio avviso è spiegato in maniera troppo superficiale per essere compreso da tutti. Ne risulta complessivamente un testo che non soddisfa i curiosi nella prima parte e che è probabilmente troppo dettagliato nella seconda. Imperdibile poi la parte finale che non riguarda la QED, ma che da un interessante infarinatura della Cromodinamica Quantistica. Il volume segue l'impostazione della lunga Collana a cui appartiene: solita copertina sobria con alette, carta color avorio e stampa perfetta.
Con frecce e orologi riesce a spiegare in 4 lezioni una materia affascinante, sconosciuta e incomprensibile (se si usa il metodo standard di ragionamento). Semplicemente splendido.
In questo libro, con stupefacente chiarezza, un grande fisico ci spiega come tutto ciò che percepiamo dipenda da accadimenti naturali che violano ogni aspettativa del senso comune. La via scelta è la seguente: guidare, come in un vero tour de force, ogni testa pensante negli impensabili meandri dell’elettrodinamica quantistica (abbreviata nella sigla QED del titolo). Il punto di partenza è la riflessione della luce. Prendendo le mosse da esperienze elementari, Feynman ci mostra come tale riflessione, lungi dall’essere un semplice mutamento di direzione di un raggio luminoso, sia un accadimento che va contro tutte le concezioni del senso comune. Da ciò una serie inarrestabile di conseguenze, in ogni direzione. E – ciò che più conta per il lettore non specialista – Feynman procede mantenendo sempre la spiegazione in stretto contatto con l’esame di varie esperienze fisiche, così da farci entrare, in certo modo, nella mente dello scienziato che le osserva (e, per certi fenomeni, la prima mente che osservava fu proprio la sua). Mentre al tempo stesso riesce a presentare concetti ben noti in termini sorprendenti per gli stessi fisici. C’è poi una importante novità di atteggiamento, in Feynman. Mentre alcuni fra i suoi illustri predecessori, pur avendo riconosciuto la sconcertante realtà della meccanica quantistica, continuavano a guardare con nostalgia alle sicurezze del senso comune insite nella fisica classica, Feynman è stato forse il primo fisico a vivere senza inibizioni lo shock della quantizzazione. Il suo criterio sembrerebbe il seguente: porsi spudoratamente al di là del buon senso e della intuizione comune, purché i conti tornino e le misure siano esatte. Intorno a Richard Feynman si è venuta formando una sorta di leggenda.
Recensioni
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recensione di De Alfaro, V., L'Indice 1990, n. 5
Che la natura fosse terribilmente seria e rigida, Richard Feynman lo sapeva molto bene, anche se sull'argomento gli piaceva scherzare, e anche con un linguaggio assai vivace. Il pubblico che lo conosce dai suoi ultimi libri autobiografici ne ha l'immagine di uno scienziato geniale e stravagante cui piaceva stupire con le sue versatili doti di pittore, scassinatore, radiotecnico, ballerino e così via. Ma questa era solo una parte di lui, un misto geniale di aggressività, intraprendenza e capacità di interagire con gli altri. E se l'intraprendenza era un suo tratto reale e profondo, la socievolezza era il risultato di uno sforzo continuo per inserirsi ed essere accettato in ogni ambiente, diretto dapprima a rassicurare se stesso; la sua aggressività era un comodo modulo di comportamento, privo di cattiveria e meschinità.
In Richard Feynman chi lo conobbe trovò una persona di grande sensibilità, attenta nell'ascoltare gli interlocutori; a patto, naturalmente, che fossero genuini, che non fingessero. Quel suo modo di scherzare, di mettere in forma paradossale molti ragionamenti, era dovuto alla capacità di vedere ogni cosa in modo originale e al rifiuto di ogni seriosità, di ogni pompa e secondo fine; ed era anche la maniera per dare una forma accettabile ad un'attività per lui terribilmente seria, quella di imparare il modo di operare della natura. A questa attività andava la sua totale lealtà, al meglio della sua coscienza, in modo del tutto alieno dai compromessi, sia quando era un giovane sconosciuto, sia quando divenne uno dei fisici più famosi della sua generazione - una lealtà totale al punto da non fargli accettare incarichi ufficiali di consulenza governativa; non per principio, non per partito preso, ma per l'incapacità pragmatica e profonda di ammettere ambiguità nelle proprie azioni. Vendere quadri in un bordello era un conto, un'attività seria e pratica, mentre dare consigli al governo e ai militari su cose di cui si riteneva inesperto era tutt'altra cosa, una finzione che gli ripugnava. L'unica eccezione, l'unico incarico che accettò, e fino in fondo, fu di indagare sulle cause del disastro del Challenger. Bisogna leggere il resoconto che ne ha dato per apprezzare l'intelligenza, la perseveranza e l'intraprendenza nel trovare le cause e nel ricostruire le ragioni psicologiche e organizzative che portarono alla tragedia.
Il titolo sta per Elettrodinamica Quantistica (abbreviata in QED in inglese), la teoria dell'azione reciproca tra campo elettromagnetico e particelle cariche. Nei tardi anni '40, dopo la guerra, parecchi fisici di primo piano erano impegnati per trovarne la formulazione quantistica. In quegli anni si conoscevano le basi della QED, cioè la teoria non quantistica e i principii di quantizzazione, e si sapevano calcolare anche alcuni effetti quantistici. Tre persone contribuirono più di ogni altro alla formulazione definitiva: due americani (uno era Feynman, l'altro Julian Schwinger) e un giapponese (Sin-itiro Tomonaga); a loro fu poi assegnato il premio Nobel nel 1965. È vivo il ricordo di un incontro tra fisici, tra marzo e aprile 1948, in cui sia Schwinger che Feynman presentarono i loro risultati (Tomonaga mandò negli stessi giorni dal Giappone una lettera a Oppenheimer che conteneva risultati analoghi). Seguire il discorso di Schwinger era molto difficile e complesso, ma grosso modo la gente capiva che cosa facesse e apprezzava i risultati. Feynman parlò subito dopo; la sua presentazione fu breve e incomprensibile per via del modo insolito di ragionare: elettroni che si muovevano a ritroso nel tempo, somme su tutti i cammini disponibili alle particelle e altre stranezze (ora di patrimonio comune ed esposte in questo libro). Le regole però erano molto semplici, anche se a quel tempo oscure, e i risultati coincidevano con quelli di Schwinger.
Ci volle poi tempo per sistemare le cose e mostrare l'equivalenza dei vari metodi, e in definitiva il metodo di Feynman è quello che tutti noi usiamo, semplice, intuitivo (oggi!) ed efficiente. Feynman ebbe grande intuito nell'evitare le molte trappole pericolose (oggi che ne sappiamo molto di più restiamo sempre meravigliati nel vedere come arrivò al risultato finale fra tante possibilità di sbagliare; e si diceva allora che l'unica spiegazione era che la mano del signore gli avesse indicato il cammino).
QED parla essenzialmente di questa sistemazione dell'elettrodinamica. Spiega in modo semplice le regole elementari della elettrodinamica quantistica usate per calcolare le quantità che vengono misurate sperimentalmente. Il testo è basato su quattro conferenze che Feynman ha tenuto per illustrare ad un pubblico generico gli aspetti fondamentali della elettrodinamica. Il linguaggio è spesso scherzoso, ma la materia è trattata assai seriamente. Alla base c'è la persuasione che le maggiori sorprese e le emozioni più profonde vengano proprio dall'analisi del comportamento della natura.
Feynman prende le mosse dal fenomeno della riflessione parziale della luce da parte di una superficie, un effetto che si osserva spesso, per esempio guardando di giorno l'interno di una casa attraverso il vetro di una finestra. Un problema che ha interessato la scienza almeno dai tempi di Newton, che vi aveva dedicato parecchio tempo e riflessione.
È molto interessante seguire i ragionamenti che portarono Newton ad escludere spiegazioni apparentemente ragionevoli perché le conseguenze erano in disaccordo con il comportamento dei vetri lucidati (che Newton conosceva bene perché preparava da sé lenti e specchi). È una buona lezione: spesso abbiamo sotto gli occhi alcuni fatti, ma non ci badiamo; o, se li inquadriamo in qualche modo, ce ne contentiamo senza sottoporre ad ulteriori controlli le conseguenze della teoria.
Feynman fa parte della prima generazione post-quantistica. In questo è simile alla maggior parte dei fisici di oggi: quantistico dalla testa ai piedi, ritiene che la natura abbia la giustificazione in sé e non nel soddisfare vincoli ideali posti a priori, come la concezione classica di causalità o la definizione di un evento come elemento di realtà (in senso tecnico). Si possono scomodare molte posizioni filosofiche, si può discutere per giorni se questo sia un atteggiamento materialista o bassamente riduttivo, se Einstein fosse un realista e se Bohr volesse negare causalità e determinismo perché suo nonno era magari amico di Kierkegaard; ma non bisogna dimenticare che questo è il modo in cui i fisici fanno i calcoli e che alternative per ora non ce ne sono.
Cosi Feynman introduce subito i principi dell'ottica quantistica, e insegna a calcolare i fenomeni di interferenza aggiungendo alla descrizione ondulatoria dell'ottica una conseguenza quantistica fondamentale, i fotoni, particelle di cui è composta la luce. Proprio per il loro carattere quantistico, ai fotoni non possono essere assegnate traiettorie; e Feynman ci spiega che bisogna considerare allo stesso tempo tutti i cammini che possono portare ogni fotone dal punto in cui è ammesso fino al punto di arrivo (di solito un misuratore di luce) e che le ampiezze relative ad ogni cammino possibile, rappresentate da frecce su un foglio, devono venir messe una dopo l'altra formando una freccia finale la cui lunghezza, elevata al quadrato, dà la probabilità che la particella arrivi a quel misuratore. Poche regole (essenzialmente quelle usate, con molte complicazioni, nel calcolo effettivo) che rendono conto di tutti i fenomeni di riflessione che vanno all'indietro nel tempo e di altre cose strane che sono il suo modo di rappresentare le interazioni; usando queste tecniche otterrete per esempio il comportamento di un elettrone in un campo magnetico con la precisione di una parte su dieci miliardi o giù di lì. Ci si può chiedere a cosa serva tale precisione, ma potete porre la stessa domanda a Keplero che vuole calcolare l'orbita di Marte e non si contenta di una approssimazione scadente, c'è la persuasione della rigidità della natura e il desiderio tenace di capirne con precisione i1 funzionamento.
L'ultimo capitolo è molto impegnativo e forse va oltre la curiosità del lettore. Feynman accetta fino in fondo la sfida di spiegare a parole alcune tecniche molto avanzate della teoria quantistica dei campi. E d'altronde non può farne a meno, non solo perché ha dato un particolare contributo a questi sviluppi, ma perché sta parlando della teoria fondamentale su cui sono basati i fenomeni elettromagnetici, i quali governano una parte essenziale della natura. Così Feynman si impegna nel compito di descrivere a parole quel processo di eliminazione degli infiniti che compaiono nei conti e di ridefinizione delle costanti fondamentali (massa dell'elettrone e carica elettrica) che rende possibili i calcoli a partire dalla teoria: uno degli obiettivi raggiunti con quegli sviluppi degli anni '40 che ho menzionato prima.
Feynman rileva che questa procedura quasi assurda di eliminazione degli infiniti rende non completamente coerente la teoria stessa (ma permette i calcoli), che la matematica impiegata è molto disinvolta a dir poco e tutto mostra che la teoria non è completa. E, aggiungo io, molti grandi della fisica quantistica, come Pauli o Dirac, non accettarono fino in fondo quello che agli occhi di molti fu, e probabilmente è, un espediente dovuto a temporanea mancanza di informazione sul comportamento delle interazioni a piccolissime distanze.
Probabilmente questa parte è apprezzata solo da chi conosce la questione e si diverte a vedere come l'autore è riuscito a presentarla; personalmente sono rimasto impressionato dal modo così essenziale con cui Feynman discute questi problemi.
Infine c'è una brevissima descrizione della situazione attuale della conoscenza di particelle e forze. Il lettore può perdersi nella rapida successione di informazioni; ma le ultime pagine costituiscono una precisa e bellissima sintesi delle difficoltà dello studio della natura nelle regioni più piccole dello spazio.
QED costituisce un esempio di divulgazione giusta; non una volta è introdotta una analogia, ma ogni fatto fisico viene discusso e calcolato usando le regole vere, anche se in modo qualitativo. Sulla divulgazione si può discutere finché si vuole: se sia necessaria, se sia utile, a chi serva, se sia fuorviante e così via. Non voglio addentrarmi in questo problema. Voglio solo far notare che talvolta si divulga scrivendo libri pieni di frasi ben articolate e accattivanti, che mirano a suscitare nel lettore sensazioni di ammirazione per la scienza, nei quali la danza di analogie sostituisce il racconto oggettivo degli sviluppi e al lettore, in luogo dei fatti, vengono porte sensazioni e conclusioni (lettoromorfe). Bene, il libro di Feynman è tutto l'opposto; ripeto, ci vuole pazienza ed umiltà per leggerlo perché bisogna seguirne il contenuto con molta attenzione e senza preconcetti. Non ci sono scorciatoie; chi lo legge deve essere animato dallo stesso spirito di chi l'ha scritto: avere il desiderio di conoscere il modo di lavorare della natura.
Non è una lettura facile, ma è un modo serio di fare divulgazione, senza fornire al lettore merce diversa da quella scientifica, senza usare metafore né analogie. Fornisce una rappresentazione qualitativa ma giusta dei fondamenti dell'elettrodinamica, presentata con fondamentale serietà e con stile un po' scanzonato, secondo le abitudini del personaggio.
Due parole sulla traduzione. È un modello di cosa le traduzioni dovrebbero essere, particolarmente se confrontata con altri testi in cui dall'apparente italiano traspare la lingua inglese dell'originale (spesso neanche un buon inglese). Tutti dovremmo sforzarci per scrivere un italiano efficace e diretto. Questo testo ci riesce: un risultato eccezionale nel panorama presente.
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