L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Promo attive (1)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Le donne sono sempre al centro della narrativa di Serrano, ma qua ci sono molti temi caldi che l'autrice non riesce ad approfondire fino in fondo. è un libro che si fa leggere ma non ha soddisfatto le mie aspettative
per me è noioso, pasticciato, inconcludente mi ha deluso molto
In questo libro la Serrano ci dà appuntamento a San Cristóbal de Las Casas in Chiapas, nel vivo delle rivolte zapatiste. Camila con il suo carico di dolore arriva in Messico per un reportage. Reina Barcelona, compagna di prigionia di sua madre Dolores durante la dittatura di Pinochet in Cile, la condurrà nel cuore della città, della rivolta, delle persone che la vivono e del suo stesso cuore passando per miti e leggende legate alla cultura messicana. Luciano, Paulina, Ninoska, Jean-Jacques sono alcuni dei personaggi che renderanno il suo soggiorno messicano un motivo di riscatto e saranno balsamo per le sue ferite. Non è il mio preferito di Marcela Serrano ma vale pur sempre la pena riempirsi gli occhi e il cuore di colori, profumi, rivolte e storie che questa splendida autrice sà raccontare.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
"Quando ci si abitua all'orrore, alla fine non lo vedi più, quindi cessa di esistere. È l'orrore a farti perdere il senso della misura dell'orrore."
Ancora una volta al centro dell'opera di Marcela Serrano c'è la fatica di vivere per una generazione di sudamericani colpiti direttamente dal totalitarismo e dalla violenza del potere. Che siano argentini o cileni o, ancora, messicani, tutte queste esperienze hanno dato origine a un tragico patrimonio collettivo che ha segnato drammaticamente il Novecento.
Camila, la protagonista di Quel che c'è nel mio cuore, è parte di questa realtà e il suo dramma, direttamente collegato a quella della madre, si rifà alle carceri di Pinochet e al regime. Camila è una figura coraggiosa senza saperlo, che scopre a poco a poco la sua capacità di reazione e la sua forza interiore. L'inizio della vicenda è terribile: la donna ha appena perso un figlio e il suo rapporto con il marito è entrato profondamente in crisi. L'unica via d'uscita, anche se difficile, può essere il lavoro. Accetta così di fare un reportage in Messico incentrato sui sostenitori del subcomandante Marcos. Arrivata a San Cristóbal de las Casas, in Chiapas, incontra l'uruguaiana Reina Barcelona, una donna che ha condiviso con la madre di Camila la lotta al regime cileno e il carcere. Questo incontro si rivela fondamentale per la sua esistenza. Attraverso la passione politica di Reina anche Camila si riconcilia con il suo passato e con il senso di colpa che l'ha accompagnata per anni. La colpa, fondamentalmente, di aver abbandonato la madre in Cile cercando nell'esilio una nuova tranquillità e rinnegando ogni impegno politico. Ora, maturata e segnata dal lutto, può decidere di partecipare attivamente alla lotta, spinta a questa scelta anche da eventi esterni come la passione per un pittore di origine italiana e il drammatico incidente che riduce Reina in fin di vita. Sarà rapita e segregata, subirà violenze fisiche e morali in quel Messico che per molti è solo una meta turistica. La visione superficiale ed egoistica della realtà deve essere superata per riconciliarsi con sé stessi. La Serrano ancora una volta ci racconta quanto grande e grave possa essere la violenza del potere, della guerra e della dittatura: "penso che ogni essere umano possieda un'infinita e latente capacità di esercitare la violenza, lo voglia o meno. Le maschere aiutano, coprono, nascondono, dissimulano, ma non riescono a eliminarla. Le guerre e le dittature non fanno altro che sollevare le maschere mettendo allo scoperto la violenza virtuale; consentendole di affiorare in tutto il suo sfrenato splendore. È l'impunità a permetterlo". E solo la partecipazione diretta, sembra dirci Marcela Serrano, solo l'impegno in prima persona contro questa violenza può portare risultati nel tempo.
A cura di Wuz.it
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore