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Mi sono fatto prendere la mano dal voler assaporare la creatività di DFW, giudicato da qualche critico "uno dei più promettenti scrittori americani del secondo millennio". Purtroppo, sarà per il fatto che la traduzione ( ben fatta ?) si porta via (come sempre d'altronde) l' emozione dell'immediato che le parole scritte nella propria lingua procurano, sarà perchè la struttura di alcuni racconti è assolutamente poco comprensibile per il mio cervellino di lettore ancora legato ai classici, resta il fatto che solo due racconti (Solomon Silverfish e Questa è l'acqua, che a dire il vero è un "discorso") rimarranno, forse, per qualche tempo, nella mia memoria. "Il pianeta Trillafon e la Cosa Brutta" invece, da un lato mi ha aperto gli occhi sulla depressione che ha attanagliato DFW, dall'altro mi ha sfiancato nel portare a compimento la sua lettura. Frase-top del volumetto: " Un des per il suo do" (in "Ordine e fluttuazione a Northampton", racconto peraltro solo un gradino sotto i due che mi sono piaciuti), simpatica traduzione di un famoso modo di dire latino stravolto, come spesso stravolta è la sintassi di questa raccolta di racconti. Rating dunque ragionevolmente basso, ma consapevolmente non da stroncatura.
Ci sono autori che hanno una scrittura così fluida, sebbene informe, dal penetrarti nelle ossa sin dalle prime battute. E ci sono, (per fortuna, oserei dire), autori che... anche no. Wallace appartiene alla seconda categoria. Probabilmente sono io, troppo stupida.
Lo stile di David Foster Wallace riassunto in piccole perle che raccontano il suo percorso narrativo e personale attraverso temi come la depressione, la malattia, la morte, la religione e l’amore. Ognuno dei sei racconti appartiene a una parte della sua esistenza e ci mostra il grande talento del suo autore ma anche la sua profonda sensibilità che tristemente lo porterà a spegnersi troppo presto. Il sentito discorso che dá titolo al libro è una bellissima riflessione sul mondo accademico e quello che significa diventare noi stessi. Da leggere.
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