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l'onnipresente servillo si confronta con l'ennesimo personaggio ingombrante. Nella trama non c'è solo la famiglia, i tradimenti, i figli e il teatro, ma anche la questione importante del diritto d'autore.
Martone ha da qualche anno imboccato la strada della ricostruzione storica, specie se di ambientazione napoletana, e qui ci aggiunge il suo terzo grande amore: il teatro. Il film racconta infatti i fasti della commedia napoletana di Eduardo Scarpetta dal trionfo alla caduta per un'accusa di plagio nientemeno che da D'Annunzio, per concludersi con la nobile difesa della propria arte di parodista e comico. L'ambientazione è suggestiva, le interpretazioni ben calate, mi è però rimasta la sensazione che il film indulga un po' troppo sulle vicende famigliari di Scarpetta (le sue tre famiglie, di cui sono una ufficialmente riconosciuta, e le altre due ipocritamente mascherate - tra cui i futuri De Filippo), mentre invece avrei gradito un po' più di spazio alla vicenda processuale o comunque alla vita più pubblica del grande commediografo. Anche se due prodotti diversi, ne accosterei la visione al film di Sergio Rubini "I fratelli De Filippo", che ne è quasi il sequel (ovviamente per qualità della produzione vince a mani basse il film di Martone, ma per le interpretazioni l'altro si difende egregiamente).
Teatro e cinema. Storia e commedia umana. Musica... e Napoli. Con la biografia di Eduardo Scarpetta, miscela di cronache vere e di fatti immaginari ma possibili, Mario Martone non mette solo in scena la vita di un leggendario teatrante, con tutte le tensioni e gli equilibri precari dell'esibizione sul palco, ma ci trasporta nella Napoli di fine '800, effervescente di stimoli culturali. Scarpetta è stato uno dei sommi del Teatro comico italiano. Il suo personaggio d Felicei Sciosciammocca è il punto di congiunzione di una triade popolare che comprende Pulcinella e Totò. Ma non solo per quello lo vediamo qui inizialmente sul palco in quel "Miseria e Nobiltà" che sarà in futuro reinventato e regalato ai posteri nella versione cinematografica con Totò.... quella battuta su cui Martone giustamente si sofferma, quella del «Vincenzo mi è padre a me...», serve per inquadrare anche l'altro lato, quello casalingo dell'artista. Perché Scarpetta è una sorta di Califfo, circondato da moglie ed amanti più o meno “ufficiali”, 3 figli legittimi e 6 no, tra cui spiccano, in scala, i tre nati da Luisa, nipote della “vera” moglie Rosa: Titina, Eduardo e il ribelle Peppino, ovvero i futuri De Filippo. Padre padrone adorato e odiato, dispotico capocomico fiducioso solo in se stesso Scarpetta, oltre all'affetto e al successo clamoroso, attirerà livori intestini e rancori pronti ad esplodere. L'audizione finale in aula del processo cui sarà sottoposto per la sua parodia di un testo di D'annunzio, cui il poeta aveva negato i diritti sul testo, con una geniale scelta di Martone, si trasformerà in una sorta di clamoroso spettacolo farsesco con chiusura teatrale in stile d'epoca. È l'apoteosi nella finzione del “teatro leggero”, in cui, come recita la scritta sulla prestigiosa Villa Santarella dove Scarpetta ha trasferito tutto il suo caravanserraglio familiare, “qui rido io”. Ma a ridere è anche la ragione stessa dello spettacolo “basso”, come esplosione collettiva e liberatoria di umori.
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