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“La ragazza della Locride” è una lettura delicata come un fiore di loto ma, allo stesso tempo, forte come la tempra d’acciaio delle donne della Locride, donne presentate, anzi manifestate, nella loro sincerità priva di facili idealismi. Scriviamo con ciò con cui scrivevano quelli che sono venuti prima di noi. Questa è la grande lezione, intima e a un tempo non-nascosta, del romanzo d’esordio di Patrizia Starnone. Ma il tempo inesistente è anche «il tempo interminabile dove la sofferenza penetrava come uno stillicidio». La sofferenza delle vittime della ‘Ndrangheta, che al Sud tocca da vicino più famiglie di quanto si possa immaginare e che diventa una Gorgone immortale. La sofferenza dei rimpianti, sterili pascoli della nostalgia, dai quali trovare un conforto, uno stordimento, mentre forse la Via delle vie ci passa accanto inosservata, per citare Herman Hesse, o ce ne accorgiamo solo quando è troppo tardi. Il romanzo di Patrizia è una sfida alle certezze emotive e all’automatismo di una vita moderna che appiattisce i legami familiari alle sole occasioni di comune consumo. È una sfida a ciò che non si può dire e che non sarà mai detto nelle vite di ognuno di noi, perché laddove l’anonimato moderno è sparire nel gregge uniforme della quantità, la strada cercata da Patrizia è invece l’impersonalità antica che fortunatamente ancora sopravvive qua e là in Calabria. L’impersonalità delle storie molto personali e molto vissute, eppure universali e tradizionali. Questa impersonalità è precisamente l’opposto della preoccupazione, costante in certi artisti moderni, di affermare e di far conoscere a tutti i costi la propria individualità. Si tratta invece di affidarsi alla penna (e Patrizia lo fa con semplicità e maestria) affinché essa possa coprire l’eccesso emotivo individuale nel riconoscimento della validità universale delle storie. Ancora una volta, la Tradizione è storia di tutti e di uno. E dell’Uno.
Una storia toccante. Non è solo un libro che parla di mafia, di “drammi” adolescenziali, di matrimonio. Questo libro parla dell’amore, dei sacrifici e dei legami all’interno di una famiglia. I personaggi ti restano nel cuore, perché l’autrice è riuscita a delinearli perfettamente, proprio per come ogni persona è realmente, in tutte le sue sfumature, in tutte le sue debolezze e forze, in tutti i suoi pregi e difetti. I personaggi de “La ragazza della locride” non possono essere definiti in maniera diversa oltre che autentici. La Calabria non era mai stata descritta così finora. Consiglio questo libro a tutti.
Con sensibilità estrema l'autrice ci porta in un tempo passato dove la protagonista misurandosi con dolore e felicità si trasforma continuamente in bruco e farfalla, perché la vita è una vera lotta, fango, pianto, sudore; nonostante tutto vive col cuore "tuffato nella vita" ed anche se illuso,utopico e sofferente riemerge ritrovando la luce, la forza e la consapevolezza che il mondo è in se stessa.... Un caleidoscopico e sorprendente girotondo di sentimenti contrastanti, una scia di forti emozioni da leggere per riflettere, sognare, sperare e pensare.....
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