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Si respira tanta umanità e non è poco.....
Libro molto bello! Perfetto in tutto. La storia è ambientata a Napoli, nel 1985, ed al contempo un bel ricordo malinconico e dolce di Giancarlo Siani … giornalista ucciso dalla camorra ad appena 26 anni. Lorenzo Marone, scrittore che non conoscevo, in questo libro racconta in modo garbato e delicato i legami/rapporti all’interno delle amicizie e delle famiglie. C’è un passaggio che vale la pena riportare: “...quella maledetta sera capii di essere solo un adolescente che si era trovato, per una serie di circostanze, ad avere a che fare con qualcosa di più grande di lui. Capii di essere un ragazzo normale. Come lo era Giancarlo, un ragazzo normale. Mia nonna un giorno disse che non esistono eroi al mondo, solo persone che ogni tanto fanno una bella azione, la cosa giusta, e poi tornano a essere uno qualunque. Giancarlo non è mai tornato a essere uno qualunque”. Il messaggio che la società trasmette è che se non riesci a primeggiare nel mondo allora sei uno sfigato … questo è un errore, dobbiamo avere il coraggio di accettare di essere persone normali, e di vivere al meglio questa normalità; interiorizzare questo concetto aiuta ad accettare se stessi e creare delle relazioni vere con le persone. Normalità non significa mediocrità.
Basterebbero questi due aggettivi per descrivere questo libro bellissimo. In un linguaggio semplice, scorrevole, che ti fa vedere candidamente scena per scena, l'autore ha descritto una storia bellissima in modo emozionante a dire poco, con tratti anche spassosissimi. Non conoscevo l'autore. Bravissimo
Recensioni
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“[…] Ti sei accorta anche tu, che siamo tutti più soli?
Tutti col numero dieci sulla schiena, e poi sbagliamo i rigori
Ti sei accorta anche tu, che in questo mondo di eroi
Nessuno vuole essere Robin […]” C. Cremonini
Gli occhi di un bambino, Domenico detto “Mimì”, sono la nostra guida per una Napoli che si incammina verso la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, una città fatta di Santi, calcio, punk e paninari, quartieri chic, parrucchieri frequentati dalle signore dell’alta borghesia, palazzi signorili e terrazze che sovrastano e guardano tutto e tutti dall’alto. Poi c’è l’altra Napoli, che tutta quella ricchezza la può solo vedere, quella delle sigarette di contrabbando, delle famiglie di sei persone stipate in una camera e cucina, delle partite di calcio giù in strada finché non ti urlano che la cena è pronta, della Cinquecento di seconda mano che ti viene rubata il giorno dopo che l’hai comprata, la città che non va mai in vacanza perché non se lo può permettere ma che ha un cuore grande e pronto ad aiutare il prossimo. Tra queste due Napoli scorrono le giornate di Mimì e dei suoi amici, Viola e Sasà, che rappresentano i due diversi mondi da cui loro stessi provengono. Mondi che hanno un handicap in comune: sono ciechi. Non vogliono vedere quello che li può ferire: Sasà non vuol vedere la malattia della madre, la sofferenze del barbone che diventerà amico di Mimì; Viola dal canto suo è attratta da ciò che Mimì rappresenta eppure lo respinge perché non abbastanza frivolo come gli altri coetanei. Tutti, adulti e bambini, fingono di non scorgere più in là del loro naso e tutti hanno il terrore di pronunciare, anche solo di pensare quella parola: CAMORRA.
Il solo coraggioso è Mimì. Da sempre curioso e diverso dagli altri della sua età, Mimì “tiene la fissa” per i supereroi e, quando incontra un vicino di casa, Giancarlo Siani di professione giornalista, pensa di averlo trovato. Giancarlo non ha paura di niente, la sua auto è così strana da sembrare la Batmobile e per campare scrive. Scrive e non si piega ai cattivi, anzi li denuncia! Questo fa di lui il supereroe che Mimì stava cercando. L’amicizia singolare tra Mimì e il suo idolo lo porterà a crescere, durante un viaggio di formazione lungo un’estate, pur non muovendosi dal proprio quartiere, ma imparando ad osservarlo con occhi diversi.
A dodici anni sono diventato amico di un supereroe […] Aveva 25 anni e abitava nel mio condominio, e se ne andava in giro con una strana auto decappottabile verde, un’agenda e una biro. Si chiamava Giancarlo e, nonostante le mie insistenze, diceva di non essere per niente un supereroe.
Da leggere perché la scrittura vivace e fluida di Lorenzo Marone, che alterna italiano e dialetto napoletano, colorando i suoi personaggi di così tanta realtà da stentare a credere che non siano realmente esistiti, vi catturerà fin dalle prime pagine.
Da leggere perché la lotta alla camorra si combatte col ricordo e quello che lo scrittore ci regala è un’immagine molto nitida di un giornalista, che non era né un pazzo né un eroe, ma solo un giovane che faceva il proprio dovere.
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