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Anno edizione: 2001
Anno edizione: 2012
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Il re di Girgenti è il gran romanzo di Camilleri, che tutti aspettavamo.
Il cielo è tutto un presagio. E la terra un prodigio. In questo romanzo di Camilleri, che un'escursione compie nel mondo della fantasia. Tra dolenti tenerezze e corrotti desideri. Tra conquassi e magici incanti. Tra asprezze di vita e corrotti desideri. A discrezione di fortuna. E sempre sul filo del divertimento, come in un gioco di teatro. Anche quando il mondo è posto in maligno; ed è flagellato da siccità, carestia, peste e terremoto. Gran fatti, e portentosi, accadono in Sicilia. Sullo scorcio del Seicento. E agli inizi del Settecento. Eventi fuori dal comune. Che la narrazione di Camilleri insegue, nei loro lunghi avvolgimenti. E la scrittura rende particolari: ora incline al grottesco, ora al visionario; dispiegandosi tra le «miserie» guittesche di Callot e i «capricci» di Goya; tra la sensualità dei mistici del Siglo de oro e la ferinità degli istinti. È una «storia», Il re di Girgenti. Ma anche un «cunto». E un récit-poème, con il suo vibrato poetico. È la biografia fantastica, infine, di un capopopolo: del contadino Zosimo, che nel 1718 divenne re di Girgenti; e prima di essere tradito da un giuda gentiluomo, e finire sulla forca, riuscì a regalare un «sogno» di dignità ai suoi affamati e scalcagnati sudditi. Un «sogno»: che è il picco più avventuroso e rivoluzionario della fantasia. «Come fu che Zosimo venne concepito». Comincia con questo titolo la prima parte della biografia di Zosimo. Con un attacco che finge di essere cronachistico. Per adeguarsi a un modello da indovinare, o da inventarsi. Per tornare ai tanti «come fu», che scandiscono la Cronica detta di Anonimo romano del Trecento, ma di fatto scritta da Bartolomeo di Iacovo da Valmontone. Un capolavoro, che del tribuno del popolo Cola di Rienzo racconta il sogno di una restaurata grandezza repubblicana; e la morte straziata. E neppure si ricorderebbe la Cronica, qui, se non fosse per la qualità delle due opere; e per quella solidarietà di scrittura, che il dialetto di Camilleri rende tanto necessario e naturale, quanto il romanesco del cosiddetto Anonimo. Tutto un popolo di figure deliziosamente assurde, strambe, o lepide, si muove nel gran teatro del romanzo. A partire dal valletto Cocò, con le sue effeminate cacherie. Fino al mago Apparenzio. A don Aneto, che fa l'amore con gli afrori. E allo spiritato padre Uhù, che con il diavolone Zaleos dialoga, uscito fuori dalle acque a cavallo di un coccodrillo; e con i diavolacci tutti contrasta, dopo avere scoperto il proprio «potere», affrontando un esercito di morchiose e indemoniate lumache. Conta anche la «cornice», in questo romanzo. Che l'accordo con la morte, e con la sua qualità indolore, mette in scena. Nell'antefatto secentesco. E nell'epilogo settecentesco. Con il futuro padre di Zosimo, Gisuè, che suo malgrado salva dalla morte un principe suicida; e lo stesso principe poi aiuta a suicidarsi. E con il finale precipizio della vita di Zosimo. Il re contadino sale i sei gradini del patibolo. E si trova faccia a faccia con i fantasmi della propria vita. Procede a tappe, verso la sommità. Sono attimi intensi, che contano quanto le sei giornate della creazione. O meglio, della ricreazione della vita nella morte. Zosimo muore, sollevato dal fantastico aquilone che lui stesso ha costruito e liberato nel venticello del mattino. «Quale occhio può vedere se stesso?», si chiedeva Stendhal. Un condannato a morte non può vedersi morto. Eppure Zosimo apre, ancora una volta come in un gioco di teatro, e con gioia infantile, la sua ultima scena. Si tiene allo spago dell'aquilone . E guarda giù nella piazza. Vede un palco. E vede un corpo inerte, che penzola dalla forca. Ride. È l'ultima rivincita della fantasia.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Uno dei libri di Camilleri che esce dalla saga di Montalbano; è un romanzo storico ambientato tra il Seicento ed il Settecento con un predominante elemento magico, ma che parte da un dato storico reale. Magistrale l'uso del linguaggio. Era una delle opere preferite dall'autore stesso ed è ottimo per conoscere il Camilleri romanziere storico, ma anche un brano della storia siciliana del tutto inaspettato.
Un romanzo storico appassionate in pieno stile Camilleri. Se non sbaglio si tratta dell'unico romanzo dell'autore scritto interamente in siciliano e proprio questa caratteristica conferisce una forza evocatrice senza misura. Assolutamente consigliato!
Una storia incredibile, Il re di GIrgenti. Solo un maestro ci può far credere che certe cose possono veramente accadere.
Recensioni
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Dopo anni di preparazione, Andrea Camilleri ha finalmente dato alle stampe un nuovo attesissimo romanzo, già salutato dalla critica come la sua "grande opera". Abbandonate momentaneamente le avventure del mitico commissario Montalbano, lo scrittore siciliano ha rispolverato dagli archivi un misconosciuto fatto di cronaca settecentesca, traendone lo spunto per raccontare una vicenda suggestiva, ambientata nelle campagne di Agrigento fra popolani miserabili e prepotenti signorotti. Protagonista Michele Zosimo un contadino autoproclamatosi sovrano, il cui potere effimero durò per soli sei giorni. Camilleri traccia la parabola della sua esistenza in una biografia che pur stagliandosi su di uno sfondo di verità storica è in realtà frutto di pura fantasia. Romanzo dall'atmosfera popolaresca, Il re di Girgenti affascina come le antiche cronache e le ballate dei cantastorie, che ricorda anche nella struttura e nella lingua: venticinque capitoli scritti in un ardito pastiche di italiano, dialetto, spagnolo e legati da una cornice di cinque parti più un intermezzo. Animato da una folla di personaggi strambi e originalissimi, il racconto procede a un ritmo serrato, fittissimo di dialoghi. E proprio le battute e il linguaggio, più che le azioni, hanno la capacità di rivelare il carattere, la personalità e le intenzioni degli attori della vicenda: il padre di Zosimo, Gisuè, che suo malgrado salva dalla morte un principe suicida; il principe stesso che rovinato dai debiti di gioco gli chiede di aiutarlo a morire; l'effeminato valletto Cocò; i "bravacci" spagnoli del prepotente don Sebasti n Vanasco de Pes y Pes; lo spiritato padre Uhù; la fiera Filònia, madre di Zosimo e il suadente don Aneto alle prese con l'amore e i suoi afrori; lo stesso Zosimo, che affronta ardito il suo breve interregno e il triste epilogo. Romanzo dalle suggestioni teatrali e dal piglio giocoso, Il re di Girgenti conferma l'inimitabile creatività di Andrea Camilleri. E segna una nuova vetta della sua inesauribile sperimentazione linguistica e stilistica, che non cessa mai di stupire.
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