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Anno edizione: 2010
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"I redenti. Gli intellettuali che vissero due volte. 1938-1948", edito da Corbaccio, e scritto dalla bravissima e colta Mirella Serri (donna che non ha mai fatto sconti a nessuno: dai fascisti ai comunisti) è un libro magnifico che andrebbe letto con attenzione dal grande pubblico perchè porta a tante riflessioni. Questo testo illustra in maniera puntuale e dettagliata tantissimi casi d'intellettuali che con grande abilità, agilità e speditezza sono passati dalla corte fascista del Ministro Bottai a quella degli intellettuali comunisti impegnati di Togliatti. Tanti probabilmente con travagli interiori e intellettuali profondi ma tanti altri probabilmente per mere ragioni di convenienza personale. Ma queste storie sono lo specchio della storia sociale dell'epoca: il fascismo non sale al potere con grandi consensi ma con un operazione di palazzo/piazza ma con il tempo e grazie a una macchina statale/para statale elefantica, a un giro di clientele enorme, a una propaganda opprimente, a un partito che coincideva con lo stato, all'assenza di libertà di stampa e di critica, all'oppressione dello stato totalitario ecc riesce a conquistare consensi quasi plebiscitari. L'opposizione interna al paese era molto limitata e solo pochissimi coraggiosi e direi eroici osavano dissentire dalla linea del partito unico e questi rischiavano il lavoro, il carcere e la vita. Il dissenso è aumentato nel tempo dall'entrata in guerra in poi. Così il regime ha accumulato nel tempo nefandezze varie rimanendo popolare. Invece nel 1945 l'Italia si è risvegliata magicamente quasi totalmente e profondamente anti fascista: i fascisti erano evaporati come neve al sole e i partigiani e gli anti fascisti spopolavano. Con una abile e magnifica opera di ripulitura delle coscienze e delle biografie si è cancellato questa pagina buia del paese per confinarla ai pochi gerarchi del fascismo. Con il finale magnifico di questa grandiosa operazione di sbiancamento fatta da Togliatti (con il consenso e il plau
Il libro riprende il filone della vasta pubblicistica che nel tempo si é occupata degli intellettuali italiani che servirono sotto due bandiere: niente di nuovo , se si vuole, di quanto già non si sapesse circa la massima parte di questi protagonisti, ma introducendo per vero, come parziale novità, l'adozione di una particolare loro definizione " I Redenti", l'Autrice offre al lettore ulteriori elementi di discussione. Altro particolare elemento di merito, forse meglio di demerito, é quello di avere riportato alla luce la figura dello storico di origini pavesi Carlo Morandi in quanto, al lettore a digiuno della storiografia italiana a cavallo della seconda guerra mondiale viene offerta una immagine distorta circa l'onestà intelletuale dello stesso. Valga per tutti il giudizio espresso su di lui dall'allievo Giovanni Spadolini:"Carlo Morandi , uno dei pochissimi storici che non abbiano ceduto agli "idola fori" del loro tempo, un uomo di studi che ha mantenuto riserbo e distacco quando non tutti sapevano farlo,...". Ci si domanda il perchè l'attenzione della Serri, tra tutti i collaboratori di Primato, si sia quasi unicamente focalizzata sulla figura di questo storico senza un adeguato approfondimento, per usare la terminologia dell'Autrice, della sua completa "vita inautentica" ( breve, essendo nato nel 1904 e laureatosi attorno agli anni '20) e della brevissima "vita autentica" ( morì a Firenze all'improvviso nel 1950.Tra l'altro, per ritornare alla tematica fondamentale del libro ed a quanto posto in evidenza nell'introduzione, sarebbe stato interessante trovare traccia di contrapposizione e di analisi critica tra l'avventura dei "redenti" rispetto a quella dei "convertiti " o dei "voltagabbana", traccioa del tutto mancante. Giuseppe Casarini-Graziella Morandi
La vera "dissimulazione onesta" la compie Mirella Serri, che con l'onesto pretesto di studiare la rivista di Bottai, compie un'incursione ed un affondo fatali alla reputazione degli intellettuali di sinistra e comunisti del nostro dopoguerra, quasi tutti ferventi fascisti nel ventennio, spesso antisemiti e filonazisti. Il disgusto che sorge nel leggere queste pagine è enorme ! Personalmente, avessi scritto ripetutamente quelle porcherie spesso profumatamente pagate, dopo mi sarei suicidato, anche se il partito comunista mi avesse accolto ! Credo sia successo solo in Italia questo fenomeno enorme della migrazione in massa dei giovani intellettuali fascisti verso il partito comunista: certamente non in Germania Occidentale sotto tutela anglo-americana, certamente non nel mondo anglosassone che fu il grande avversario sul campo dei fascismi europei, molto limitatamente in Francia, patria teorica primigenia dei fascismi ma non troppo e non troppo platealmente e massicciamente dei trasformismi, che hanno riguardato qualche volta soprattutto i politici più che gli intellettuali (vedi: Mitterand). Anche Mirella Serri, come Pansa, è riuscita a "bucare" il muro di conformismo e di silenzio imposto da sessant'anni di egemonia culturale della sinistra. Ha potuto farlo perché, come Pansa, proviene dalla sinistra e di sinistra rimane. Però è inutile continuare ad usare la "foglia di fico" di ritenere strumentale la pubblicistica neofascista del dopoguerra, che queste cose le disse molto tempo fa: Nino Tripodi, polemicamente certo, le documentò nell'indimenticabile volume "Intellettuali sotto due bandiere" pubblicato nel 1980 presso Rusconi e mai ripubblicato. Si continua a sostenere, per cattiva coscienza,che i neofascisti producessero nomi e cognomi per denigrare la "nuova" classe politica e i nuovi mandarini della cultura di sinistra. Anche se in cuor loro fosse stata questa la motivazione,comunque legittima,è incredibilmente di tutt'altra portata la responsabilità morale degli intellettuali di sinistra che furono fascisti
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