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Sapiente e ricercato utilizzo delle fonti orali per raccontare una delle pagine dimenticate della storia contemporanea del nostro Paese.
Ottima ricostruzione storico-politica di un evento poco noto al pubblico solo perchè molto scomodo e volutamente poco pubblicizzato. Descrizione delle trame politiche finalizzate a bistrattare sempre il più debole.
Recensioni
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La rivolta di Reggio Calabria del 1970 costituisce un evento tra i più inquietanti della storia dell'Italia repubblicana. Per quanto analoghe sommosse, nate sulla scorta della rivendicazione del capoluogo regionale, si fossero svolte anche in altre città, per la sua vastità e le sue implicazioni quello di Reggio rimane un episodio unico. Che trovò impreparate anche le principali forze politiche nazionali, mostrò la forza e la pericolosità del neofascismo, ingenerò equivoci in una parte della sinistra extraparlamentare. Lotta continua, come noto, considerò la rivolta di Reggio un'occasione rivoluzionaria e Adriano Sofri vi si recò personalmente. A proposito di Lc, e di una migliore comprensione della sua natura, a dispetto delle ricostruzioni ireniche successive, è interessante ricordare come, appena arrivato a Reggio, Sofri spiegasse che "la guerra civile è una realtà dentro la quale questa città già si muove", che "l'organizzazione militare è assolutamente necessaria" e come fosse indispensabile "pescare nel torbido" e accettare "questa dimensione violenta e illegale".
Lo studio di quanto avvenuto allora, delle sue origini e delle sue conseguenze, mancava fino a oggi nella storiografia. Tenta di riempire questo vuoto il volume di Cuzzola, che appare come una radiografia dei principali soggetti in campo, le destre e le sinistre, i cattolici e i neofascisti, la 'ndrangheta e le forze dell'ordine. L'autore ricostruisce l'origine dell'esplosione della rivolta nel mancato conferimento a Reggio del capoluogo di regione, ma giustamente non sembra far risalire a questa scintilla tutta l'importanza dell'incendio. Va infatti alla ricerca delle ragioni di coloro che, nell'Italia apparentemente diventata moderna, reduce dal boom, issarono barricate e inscenarono tumulti che ricordavano più i Fasci siciliani che le street fights sessantottesche di New York o di Parigi. E utilizza con dovizia le fonti orali, che lo spingono involontariamente a giudizi simpatetici nei confronti dei rivoltosi. La prospettiva orale, però, relega in secondo piano l'analisi effettiva dei rapporti tra le forze politiche e sindacali locali e l'intervento di attori nazionali nell'organizzazione dei tumulti. Ricostruire l'evolversi della rivolta quasi giorno per giorno fa emergere, grazie anche a una narrazione vivace, una visione cinetica delle strade e delle piazze di Reggio, da cui ci sembrano venire le voci e i rumori. Il volume sarebbe perciò un'ottima base per una sceneggiatura cinematografica, ma come saggio storico risulta gravato da seri limiti. Non solo per l'eccessivo appiattimento sulle memorie dei protagonisti, che, per loro natura, portano verso strade diverse, in cui l'autore sembra un po' perdersi in giudizi a volte contradditori. La stessa tecnica storiografica pedante finché si vuole, come ogni tecnica, ma tuttavia necessaria qui è abbastanza maltrattata: le citazioni delle "carte dei servizi" non hanno alcun riscontro in nota né sono contestualizzate, l'uso della stampa quotidiana è episodico e le stesse carte del Foreign office britannico sulla rivolta, interessanti in sé, sembrano essere utilizzate solo per illuminare dettagli minori. Alla fine della lettura resta solo vivida l'immagine della rivolta, anche se non siamo tanto sicuri che il libro ci racconti veramente come sia andata. Marco Gervasoni
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