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La lettura della quarta di copertina e delle recensioni e l’interesse per argomento, protagonista e storia mi hanno da subito intrigato. Il romanzo, affrontato con alte aspettative, alla fine, mi ha deluso. La storia verte sulla vita di José Raul Capablanca, campione mondiale di scacchi a soli 32 e la sua ossessiva ricerca della rivincita mai concessa da Aleksandr Aleichin, unico giocatore ad averlo battuto. Josè è un ragazzino prodigio che ha imparato il gioco degli scacchi osservando il padre ed altri giocatori nelle vie dell’Avana e, nel romanzo, otterrà la sua rivincita nei confronti dello sfuggente avversario solo attraverso un espediente geniale inventato dall’autore. Il protagonista principale non è ben caratterizzato, ho avuto l’impressione di aver di fronte personaggi diversi e non una descrizione efficace di Josè Raul Capablanca durante le fasi della vita. La lettura e la descrizione dei personaggi sono spesso confuse e frammentate, gli intrecci di storie sono troppo articolate e i flashback frequenti. Tutto ciò non concorre alla fluidità del testo, e ne limita la piacevole fruizione. E’ un romanzo piuttosto breve e questo, unito ad un bel finale permette una parziale rivalutazione dell’opera che altrimenti sarebbe stata negativa. C’era del potenziale. Peccato.
Il protagonista di questo libro è José Capablanca, grande scacchista cubano, che ha vinto il titolo mondiale. Capablanca imparò a giocare a scacchi guardando le partite condotte dal padre e da quel giorno, per lui, gli scacchi divennero un'ossessione. Nessuno è mai riuscito a distrarlo dalla sua passione, nemmeno i divieti imposti dai genitori. Pian piano divenne un piccolo campione imbattibile e la sua fama attraversò i confini della sua isola. Per molti anni imbattibile, perse il titolo mondiale scontrandosi con il russo Aljechin. Naturalmente non si rassegnò; cercò la sua rivincita, ma il russo era sfuggente. Promise a sé stesso che avrebbe avuto la sua rivincita e, in quell'occasione, avrebbe senz'altro vinto, anche da morto....e così è stato! Ho trovato questo libro noioso e frammentario. Avevo deciso di attribuirgli 2 stelline, ma il finale spiazzante gli ha permesso la conquista della terza.
Leggere di scacchi fa sempre piacere, poi, se una volta tanto, si tratta di qualcosa scritto anche con un minimo di competenza e serietà (e non come i vari Zweig o Maurensig, che del gioco hanno colto solo l'esteriore barbaglio), tanto meglio. Il libro è agile e si gusta tutto d'un fiato: peccato certe ingenuità (tipo il ragazzo Xavier e M.me Zlada) ed improbabili dialoghi, ma non si può aver tutto. Spiace anche il manicheismo con cui sono trattati i protagonisti: Capa gentiluomo e filantropo, Alekhine sadico ubriacone e filonazi, che, voglio dire, sarà stato anche vero per carità, ma la sua psiche, così come il suo gioco, sono sempre stati così complessi e tesi al raggiungimento di posizione estreme ed impossibili da suscitarmi istintivamente maggiore simpatia che José Raúl, il quale tendeva piuttosto a semplificare ed alla linearità, tant'è che nella storia del gioco mentre Alekhine ha contribuito in maniera massiccia allo studio di varianti, possibilità ed introduzione di novità teoriche (solo la sua difesa 1...Cf6 in risposta ad 1e4 è qualcosa di sconvolgente nella sua pazzesca profondità), Capa è passato ed è ricordato come una macchina da gioco, infallibile ma fredda. Avrei preferito pertanto leggere anche la versione di Alekhine (e non è detto che l'autore non ci dedichi un volume), il quale non nacque dotato di un talento estremo come il Cubano, ma dovette sudarsi il titolo ed il prestigio con un lavoro intensissimo ed indefesso alla scacchiera, sopperendo con una volontà di ferro allo svantaggio di natura.
Recensioni
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