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È la notte di capodanno a Roma. Niccolò e Livia litigano per l'ultima volta, si lasciano, lei scappa via in motorino e fa un incidente, scivola sui sampietrini che quella notte sembrano diamanti ed entra in coma.
«Giorgio Biferali racconta la vita di un giovane romano con sincerità e immediatezza» - Corriere della sera
Il nuovo anno comincia così, con Livia distesa a occhi chiusi su un letto d'ospedale e con Niccolò che la va a trovare ogni giorno. Niccolò ha perso entrambi i genitori, vive con Tommaso, il fratello più piccolo, in una casa che confina con quella dei nonni. Lavora per la tv, organizza il palinsesto di un canale dove vanno in onda commedie, serie e sit-com americane. Ma più Niccolò trascorre il suo tempo con Livia, più gli passa la voglia di ridere e di lavorare. Un giorno gli viene un'idea: prende il computer che la madre di Livia ha lasciato in ospedale e decide di scrivere la sua prima lettera d'amore per raccontare alla sua ragazza quello che sente, quello che gli succede attorno, nel loro gruppo di amici o in paesi lontanissimi, insomma, tutto quello che lei si sta perdendo di quell'anno. Tra le notizie di cronaca, i terremoti, le elezioni americane, il referendum sulla Brexit, Niccolò prova a raccontarle la realtà, mentre si accorge che il mondo, che insieme a Livia sembrava un posto così familiare, va avanti anche senza di loro. È vero che nulla accade per caso? Esiste l'effetto farfalla? Ha senso cercare una casa anche se sai che non andrai mai ad abitarci? Ci si può innamorare di una persona che non abbiamo mai visto? L'amore è più forte della paura di morire? Queste sono solo alcune delle domande con cui Niccolò affolla le sue lettere a Livia e soprattutto a se stesso, mentre piano piano scoprirà che scrivere è l'unico modo per salvarsi dalle paure e dai fantasmi, dal timore dei cambiamenti, e che Livia, ancora una volta, sembra l'unica persona in cui cercare tutte le risposte.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
L'autore ha scelto un tema difficilissimo da affrontare senza cadere nel melodramma o nel pietismo. Raccontare il dramma di una ragazza in coma e delle persone che le vogliono bene è rischioso, dal punto di vista del risultato narrativo. Ma se viene affrontato con un linguaggio quotidiano e senza artifici retorici può estrinsecarsi in una lettura gratificante. E proprio questo ha rappresentato per me questo libro, da apprezzare non solo per il registro linguistico adottato, ma anche per il finale (dirò soltanto che è veramente a sorpresa) e per alcune scelte narrative che ho trovato particolarmente azzeccate. Mi ha colpito molto, infatti, che la voce narrante (il ragazzo della giovane in coma) ponga al centro del racconto (impostato, prevedibilmente, come una lunga lettera destinata alla propria innamorata) una serie di elenchi, di domande e di risposte. Gli elenchi balzano agli occhi e si giustificano proprio in quanto rappresentano l'intento di fare in modo che la ragazza, quando si risveglierà, possa recuperare la cronaca di quanto si è persa suo malgrado. Sono quindi, secondo me, ambasciatori e simboli dell'ottimismo ostinato del protagonista, che si legge tra le righe, più forte e sentito di quanto sarebbe accaduto invece con proclami espliciti. Le domande (che si collocano all'inizio del romanzo) e le risposte (verso la fine) mi hanno colpita soprattutto quando non hanno ad oggetto i massimi sistemi della filosofia e dell'etica, ma quesiti terreni e pratici (come per esempio se abbia senso cercare una casa senza la certezza di andare ad abitarci), proprio perché sono emblematiche di quanto, in una relazione di coppia, il futuro e le scelte debbano essere valutati in una prospettiva comune e, per contrasto (stante la situazione di "singolarità" che il protagonista si trova a vivere), vengono messe ancora più in risalto dall'atmosfera di sospensione in cui sono idealmente poste, in attesa di riprenderle in esame insieme alla ragazza.
Ho letto questo libro trascinata dall'entusiasmo di recensioni super positive che avevo letto su Instagram. Devo però ammettere che io tutto questo trasporto non l'ho provato, è rimasto tutto un po' in superficie; è un libro molto delicato, forse troppo, abbastanza adolescenziale, una buona lettura, piacevole quanto basta, ma neinte di memorabile.
Il romanzo l'ho divorato, d'altronde si fa leggere velocemente. È scorrevole e nonostante si parli d'amore non è mai scontato e banale. Se fosse musica sarebbe sicuramente un pezzo indie.La lettera che Niccolò scrive serve a guardarsi dentro, a farsi domande che per paura abbiamo accantonato in qualche angolo del nostro cuore e alla fine si perde quasi quella linea sottile che separa il romanzo dalla vita reale. Sul finale si racchiude tutta la genialità dello scrittore. Un bel romanzo, e alla prossima volta che qualcuno mi chiederà : " che facciamo a Capodanno" penserò a Livia e Niccolò.
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