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Anno edizione: 2013
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Bellissimo libro. Si tratta di un serio romanzo storico (non di semplice ambientazione storica) che ci offre un quadro completo degli ultimi decenni dell'impero. Narrato in prima persona attraverso gli occhi di due senatori, Maggioriano (destinato a diventare imperatore) ed Ascanio, l'autore illustra efficacemente gli usi e costumi di un'epoca caratterizzata dall'affermazione del cristianesimo e dalla (ai nostri occhi alquanto bizzarra) convivenza della nuova religiosità colle forme e le tradizioni dell'epoca classica. Soprattutto ne ricostruisce le cause di decadenza in relazione alla speculare decadenza dell'occidente attuale: dal decadere del senso di comunità alla polarizzazione fra una classe di superricchi, interessati a sabotare il buon funzionamento dello stato, e una sparsa plebe multirazziale interessata solo ai giochi e agli spettacoli, fino alla denatalità e alla conseguente preponderanza assunta dai barbari (leggi extracomunitari) ammessi a sfare in una società non più autosufficiente. Tutto ciò in uno stile scarno che però riesce a non annoiare (quasi) mai. L'unica parte un po' pesante è quella iniziale. Difetti? L'autore sente il bisogno politically correct di presentarci protagonisti totalmente avulsi dal clima di corruzione, sopruso e superstizione imperante. Un contrasto francamente stucchevole e poco realistico (per un approccio più verosimile cfr. "The little emperors" di A. Duggan). Quanto allo stile c'è qualche concessione all'anglizzata prosa giornalistica contemporanea, i personaggi si danno tutti del tu e manca una differenziazione stilistica fra i dialoghi dei personaggi colti e di quelli meno istruiti. Nel complesso: quattro stelle e mezzo.
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