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Ci sono due parole che detesto: "preferito" e "facile". Un modo per vedermi irritato è chiedermi quale sia il mio x preferito, dove x sta per pittore, scrittore, musicista eccetera. Un altro modo è quello di ironizzare sulle cose che a prima vista sembrano facili, per la serie "Questo lo so fare anch'io...". Figuratevi il combinato disposto del dirmi "Ma come mai Rothko è uno dei tuoi artisti preferiti! Dipinge così facile...!" Chiariamo. Io non ho un artista preferito perché ne amo almeno mille e Rothko non è facile, al limite è semplice. Che è diverso. Detto ciò, se anche voi non amate particolarmente le classifiche di gusto e non vi accontentate della superficie, vi consiglio la lettura - veloce e illuminante - della cinquantina di pagine di questo aureo dossier che senza fronzoli, con un linguaggio pulito e serio e con un ottimo apparato iconografico ci introduce nell'universo cromatico, esistenziale e tragico di uno degli artisti più travagliati del ventesimo secolo. Se invece preferite continuare a sputare sentenze estetiche dopo aver bevuto una Coca Cola, passate pure a Andy Warhol (è una battuta). "L'identità familiare delle cose va ridotta in polvere, allo scopo di eliminare le associazioni limitate con cui la società riveste sempre più ogni aspetto del nostro ambiente." (p. 20) "L'avanzamento del lavoro di un pittore andrà verso la chiarezza: verso l'eliminazione di tutti gli ostacoli tra il pittore e l'idea, e tra l'idea e l'osservatore. Come esempi di tali ostacoli, menziono (fra gli altri), la memoria, la storia o la geometria." (p. 23) "La ricerca è così rigorosa che (...) Rothko ha l'impressione di aver esaurito le possibilità della pittura, di averla condotta al suo limite estremo." (p. 24) "Rothko spinge la sua pittura al limite, alla rarefazione, a una sottrazione di spazio, di luce e di colore, in favore di una profondità in negativo in cui la dimensione antropologica e collettiva è del tutto assorbita da quella psicologica e intimista." (p. 45)
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