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scheda di Bellofiore, R., L'Indice 1990, n.10
Amico più che discepolo di Keynes, Harrod è noto al pubblico italiano soprattutto per la biografia dell'autore della "Teoria generale", tradotta dalla Einaudi. Di formazione umanistica e filosofica prima che economica, docente a Oxford nonostante i suoi legami con la scuola di Cambridge, Harrod avrebbe voluto che la sua fama fosse legata alle sue "Foundations of Inductive Logic" (1956). Viene invece ricordato, a ragione, per i suoi studi pionieristici sulla concorrenza imperfetta, sulla teoria del ciclo, sui primi e controversi tentativi di esposizione formale e diagrammatica della "Teoria generale". Ma sono soprattutto i contributi alla teoria della crescita ad essere i più originali, ed è ad essi che è dedicata questa antologia di suoi scritti -tutti precedentemente inediti in italiano, con la sola eccezione del primo, "Un saggio di teoria dinamica" (1939)- che compare nella collana "I grandi economisti contemporanei", a cura di Terenzio Cozzi e Stefano Zamagni. Chiara ed esemplare l'introduzione di Paolo Varri, che oltre alle essenziali informazioni sulla vita e sul percorso intellettuale di Harrod, ripercorre la lenta evoluzione della concezione dinamica di Harrod, spesso travisata a causa delle sue ipotesi "forti", quali la costanza della propensione al risparmio e della tecnologia o l'elevata instabilità. Quel che è certo è che Harrod si dissociò dai tentativi tanto neoclassici quanto postkeynesiani di attenuare la radicalità delle proprie conclusioni, e che il significato della sua impostazione può essere meglio compreso se, come fa Varri, lo si inquadra nello sfondo del dialogo serrato con Keynes.
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