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Royal Assassin è il secondo libro della trilogia dei Lungavista che potete trovare anche in italiano col titolo L’assassino di corte. Non voglio addentrarmi nella trama di questo secondo volume per non fare spoiler a nessuno, quindi sarò molto generica. In Royal Assassin l’ambientazione principale è la corte dei Lungavista. Robin Hobb non si addentra quasi mai al di fuori di Castelcervo: possiamo curiosare nel centro città, nelle navi e nel loro equipaggiamento, utili per contrastare i pirati delle Navi Rosse, ma la nostra esplorazione finisce lì. Fitz è cresciuto, è sempre più evidente sia nel carattere che nell’aspetto fisico la sua somiglianza con suo padre, figlio di re Sagace, ed è maturato. La cosa che più mi piace di lui, in quanto personaggio, è il suo lato umano (e questo è un bel paradosso se consideriamo che per “colpa” dello Spirito rischia di diventare sempre più bestia): si entusiasma facilmente, ma altrettanto facilmente si deprime nel momento in cui si ritrova davanti a ostacoli che sembrano insormontabili o nel momento in cui le cose non vanno come vorrebbe. E sì, è maturato, ma fa ancora degli sbagli da giovane ragazzo-uomo qual è. Il suo rapporto con gli animali e in particolare lo Spirito mi ha ricordato gli Stark di George R.R. Martin e in particolare la capacità di entrare nel corpo del loro metalupo. Spirito e Arte è sicuramente l’aspetto più interessante della trilogia secondo me, ma Robin Hobb non soddisfa mai subito tutta la curiosità del lettore perché svela solo un po’ alla volta tutto quello che questi due tipi di magia comportano per chi ne è dotato e li sa usare. L’analisi politica e il potere sono sempre più centrali nella storia, così come la fedeltà: si può essere fedeli in modi diversi, a diverse cose o a diverse persone. I personaggi dimostrano che si può essere fedeli a una persona, certo, ma non per forza tutti gli altri personaggi saranno fedeli a quella stessa persona; si può essere fedeli a una causa, [continua sul blog]
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