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Anno edizione: 2011
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Affascinante e toccante spaccato della vita errante dei pastori delle valli cuneesi. L'autore coglie e racconta con saggezza tutta la durezza, la miseria e le emozioni dalla transumanza. Bellissimo!
Una lettura indispensabile ed unica per conoscere una vita difficile fatta di silenzi e di solitudine, ma anche piena di scoperte e di conquiste. Con i pastori lungo i sentieri della transumanza Grazie a Marco Aime che segue passo passo la vita del pastorello sulle alture di Roaschia, tra la sua gente, in case di rudi massari.
Marco Aime, antropologo e viaggiatore nella vita, rende omaggio con questo piccolo saggio alle sue radici. La sua famiglia, infatti, è di Roaschia, un piccolo centro in una stretta valle alpina, dove - per tradizione - la popolazione si era sempre divisa in due tra pastori (gratta) e stanziali (uvernenc). Una valle povera e poco illuminata dal sole, dove l'agricoltura si poteva praticare soltanto a livelli di sussistenza e da dove - per sopravvivere - bisognava necessariamente imboccare le strade e le vie del mondo. E così c'erano i "cavié" (commercianti di capelli)e gli anciuè (i venditori di acciughe), i quali entrambi a piedi o con un carrettino se ne andavano in giro, spingendosi verso la pianura o a volte sino al mare, comprando e rivendendo.Ma soprattutto c'erano i pastori i quali dovevano stare sempre in movimento, d'estate spingendosi in quota sugli alpeggi e scendendo ai primi freddi in basso a valle, a casa con la famiglia quasi mai e dal proprio focolare allontanandosi a volte di centinaia di chilometri verso le piane fertili e ricche di buona erba per i propri greggi, emblematicamente nomadici e protagonisti di una dura vita che nulla aveva a che vedere con l'idealizzazione leopardiana del pastore che parla con la luna; sempre in una difficile convivenza con i contadini stanziali, ma sempre complementari ad essi, poiché in condizioni di vita dure per entrambe le tipologie si creavano delle forme di "convivialità" e di convivenza che, a ciascuno, davano risicati vantaggi. E, poi, al cambio della stagione, di nuovo ognuno per la sua strada. Non c'era mai riposo per i pastori e, sempre, con i loro greggi in movimento dovevano fare attenzione, perché erano sempre nella posizione di chi stesse "rubando l'erba altrui". Poi, nel dopoguerra e con l'avvento della motorizzazione, tutto questo mondo di mestieri e di attitudini che si basava su di un duro lavoro e su sacrifici pressoché continui si sfaldò rapidamente e, presto, ne rimase soltanto il ricordo.
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