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Il Battista non rimase convinto della messianicità di Gesù, al punto che, mentre era recluso nel carcere di Macheronte, inviò alcuni dei suoi discepoli a domandargli per suo conto se fosse Lui quello che doveva venire "o se si dovesse aspettare che venisse un altro Messia ancora" (Mt 11, 2-3). «Gesù rispose: "Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella"» (Mt 11, 4-5). Questa replica è rilevante poiché si basa, tramite esplicite citazioni, sui criteri di discernimento messianico indicati agli ebrei da Isaia (cf. i versetti 29, 18; 35, 4-6; 42, 6-7; 61, 1). Rispetto però alla profezia dell'Antico Testamento, Egli aggiunge la guarigione dei lebbrosi e, soprattutto, RIMPIAZZA "la libertà degli schiavi e la liberazione dei prigionieri" con la risurrezione dei morti, avvisaglia d'una salvezza procrastinata "post mortem", escatologicamente. Tant'è che il Battista muore prigioniero in carcere. Sta di fatto che Giovanni, nonostante la duplice fanìa dello Spirito su Gesù (Mt 3, 16) e della Voce del Padre che parlava di Gesù come dell'eletto (Mt 3, 17), decise di NON sciogliere la sua scuola e di NON seguire Gesù. Continuò invece la sua missione fino a essere incarcerato e decapitato da Erode ed Erodiade. Nei Vangeli è assente il nome della sua aguzzina Salomé, parola ebraica che a dir poco stranamente deriva da "shalom", pace. E il 1° volume della "Storia del Cristianesimo" ("L'antichità") curata da Filoramo riporta la notizia della scoperta archeologica di fonti battesimali "giovannee" sino al IV secolo. In conclusione: «Dopo che il Battista fu giustiziato si formò un gruppo che invocava il suo nome e arrivò persino a identificarlo con il Messia, tramutandosi così in un rivale del cristianesimo nascente» (Armando J. Levoratti, "Nuovo commentario biblico. I Vangeli", 2005, p. 304).
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