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Cosa non sospetteremmo mai sia senza carta? Ovvio, un libro. Cosa dire allora di un libro che si intitola 'senza carta'? Una contraddictio in adiecto. Acquisto il libro di Maurizio Ferraris, Sans papier, pago con il bancomat, cioè con moneta sans papier, la commessa mi consegna due scontrini di carta, quello del bancomat e quello del registratore di cassa. La spiegazione di questa duplicazione della carta di fronte alla moneta non di carta me la darà poi il libro. Una delle tesi centrali è infatti quella che l' epoca sans papier cancella la carta ma non la scrittura, non l' iscrizione. Questo libro contiene due livelli, uno pop, quello che prende in esame gli oggetti tecnologici quotidiani, la pen drive della copertina, ed uno alto, quello della teoria ontologica degli oggetti fisici, sociali e ideali. I due strati si intrecciano e sovrappongono nel testo senza renderlo mai pesante o accademico, nonostante affronti temi decisivi per l' attualità, e per l' ontologia, come immigrazione, globalizzazione e intercettazione. Sono questi i temi che compongono le tre dissertazioni del volume. Tra le cose che Ferraris ha ereditato da Derrida c'e il tratto umoristico. E' una affermazione che può sorprendere, ma a me Derrida ha fatto spesso anche ridere scoperchiando paradossi ed esibendo impensati. Ed anche Ferraris è uno dei pochi filosofi che fanno, anche, sorridere. Lo dico con grande rispetto e senza alcun intento derisorio. Per fugare i dubbi aggiungo che se qualcuno mi fa pensare e contemporaneamente sorridere mi offre un servizio migliore di chi mi fa semplicemente pensare. Osservate per esempio il citazionismo distorcente dei titoli dei paragrafi: si va dallo heideggeriano “Essere e stampa”, al bergsoniano “Moneta e memoria”, al derridiano “Il call center di Platone”. Citare e distorcere, disossare il significato fino a farlo apparire completamente altro da quello che è e pur sempre comunque plausibile, è questo che faceva Derrida, è questo che fa Ferraris.
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