Terra malsana, terra di morte, la Maremma è stata segnata per secoli dalla malaria e, nel 1527, dalla peste. La sua rinascita si deve ai Lorena d’Austria: furono loro infatti a cominciare l’importante opera di bonifica che terminò solo agli inizi del ‘900. Da allora la Maremma fu consacrata terra fertile e sorprendentemente generosa, come certamente era stata al tempo degli Etruschi. I molteplici aspetti della Maremma si riflettono nella sua gastronomia, nei piatti cucinati nel rispetto della tradizione e, soprattutto, nell’onorare i prodotti di quella stessa terra che una volta non concedeva una vita oltre i vent’anni ai suoi abitanti. Terra di cacciatori, propone ricette saporite a base di cinghiale, di lepre, di fagiano; ma troviamo anche il pesce, dal sapore delicato e prepotente al tempo stesso; e poi ancora le zuppe e le bruschette, con gli innumerevoli formaggi e i vini. Parlare della cucina maremmana è come divertirsi a svuotare una cornucopia. Sapori forti evocano ricordi lontani, scalpiccio di cavalli, urla di butteri, paludi, una terra malsana e inospitale trasformata, nei secoli, nel paesaggio dolce e potente che è oggi: una terra felice, ricca, profumata e incredibilmente ospitale, come i suoi abitanti. Ecco l’antica Aurinia, Saturnia, che appare circondata da prati verdissimi, e come non citare Pitigliano, Sorano e Sovana: un viaggio a ritroso nel tempo, per incontrare gli Etruschi, perché è proprio a loro che la Maremma deve il suo splendore, la sua fama e un po’ della sua cucina. Adesso il mito che «in Maremma ti fai ricco in un giorno e muori in un anno» è stato finalmente sfatato e, i capitreno, hanno smesso da un bel pezzo di ordinare di chiudere i finestrini, per proteggersi dall’aria malsana, durante il percorso. Oggi, passando in macchina, si possono osservare i girasoli impazziti di luce, il verde sconfinato del grano, il rosso della terra... e, soprattutto, si respira aria buona e profumata, di quella rara, che una volta respirata ti rimane dentro, fa parte di te e ti costringe a ritornare.
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