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Anno edizione: 2018
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Avevo finito di leggere da poco Germinal e volevo proseguire nella conoscenza del ciclo dei Rougon - Macquart e credo di aver fatto la scelta giusta, il libro è bellissimo nello stile di Zola che è un maestro nella descrizione dell'abiezione umana e della realtà sociale dell'epoca. Pur restando su livelli altissimi, ho preferito Germinal che considero un autentico capolavoro,ma ritengo che di Zola vada letto tutto trattandosi di un gigante della letteratura.
Dopo Germinale è il miglior libro di Zola. Una descrizione precisa e puntuale della caduta socio economica di una famiglia operaia della Parigi dell'800. la disillusione di riuscire ad uscire dalla povertà, dalla miseria e dall'ignoranza ci viene sbattuta in faccia con crudo realismo. il libro, nonostante le 500 pagine scorre piacevolmente e la storia tiene incollati alla lettura. Consigliatissimo!
Et voilà, Zola! A me piace veramente!, sembra scritto ieri. Così nitido, così moderno e immediato nel linguaggio gergale (nonostante alcuni appesantimenti nella traduzione dall'argot piuttosto discutibili, a partire dal titolo*), solletica costantemente i centri dell'attenzione. Mi ha fatto addirittura pensare a un Fante dilatato con il suo realismo sporco. Dopo Germinale, un'altra positiva esperienza con Zola, magnifico narratore dell'ottocentesca Parigi dei sobborghi, delle arti e dei mestieri degli umili siano essi operosi o sfaticati, nell'imminenza dell'industrializzazione, e della storia della lavandaia poliandrica Gervaise, viso di bionda, sul quale il sole più che sorgere, tramonta. «Alla fin fine, finché il marito e l’amante erano contenti, finché riusciva a mandare avanti la baracca senza troppi problemi, e tutti erano allegri dalla mattina alla sera, ben pasciuti e soddisfatti della bella vita che facevano, non c’era davvero niente di cui lamentarsi. E poi, a pensarci bene, non doveva essere un gran male, quello che faceva, visto che le cose si arrangiavano così bene e nessuno aveva niente da ridire; di solito si è puniti, quando ci si comporta male.» Indugia parecchio in descrizioni molto frequenti e dettagliate di persone, cose, luoghi e atmosfere: dal freddo che paralizza, al caldo che squaglia e asfissia, alla fame che attanaglia: miseria nera. Qualcuno disse che le descrizioni sono il respiro di un libro; io ho una certa tendenza a passarle via velocemente perché preferisco la continuità nell'azione, ma quelle di Zola sono dei magnifici dipinti fra Impressionismo e Realismo, e sarebbe opportuno che qualche sano esercizio di respirazione imparassi a farlo. *Assommoir: (fig. fam.) osteria; bettola... [perché 'scannatoio'?🤔]
Recensioni
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L’Assommoir, settimo tassello del ciclo Les Rougon-Macquart, fu il romanzo che sancì clamorosamente la popolarità di Zola e al?tempo stesso l’avversione di tanta critica. In?una prefazione ad hoc,?lo scrittore si difese benissimo dalle accuse di immoralità e oscenità?che avevano accolto?l’opera ancor prima?che uscisse in volume. Rivendicò nell’Assommoir “l’opera di verità”,?“il primo romanzo sul?popolo, che non menta e che abbia l’odore del popolo”; quanto all’uso spinto dell’argot, sottolineò il valore “storico e sociale” di un “lavoro puramente filologico”. (...)
Zola definisce assommoir, scannatoio, la distilleria di acquavite in cui i personaggi troveranno l’abbrutimento senza via d’uscita. La comparsa del mostruoso alambicco ramato che gorgoglia “nelle sue profondità misteriose” è degna dello Hugo più visionario. Ma si sa, Zola è maestro di descrizioni: qui volte soprattutto a strade periferiche e ad ambienti soffocanti o ad inarrivabili minuziosità: la parossistica pagina sul cumulo di biancheria lercia fa il paio con quella olfattiva del deposito dei formaggi nel Ventre de Paris. Le si direbbe antesignane dell’espressionismo. E’ un romanzo spiccatamente polifonico: le voci sono quelle del quartiere parigino della Goutte-d’Or: espressione di un degrado che nei proletari di Sue e persino di Balzac restava ancora a mezza voce.
Questo capolavoro, pieno di vita ma che ha per meta la nera follia, è adesso riproposto in una nuova speziata, smagliante traduzione, dovuta a Luca Salvatore. I suoi criteri nel procedere Salvatore li racconta in una sapiente postfazione (Tradurre lo scannatoio), mentre in una postfazione più lunga (Cupio dissolvi) entra nella storia e nelle pieghe del romanzo. Un apparato di note, un glossario argotico e popolare, i cenni biografici sull’autore, una bibliografia essenziale e l’Omaggio a Zola di Céline completano l’esauriente volume. Un neo-lettore non ha più scuse per non saggiare l’inferno dei Rougon-Macquart.
Recensione di Carlo Lauro
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