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"Fare la storia del presente": sulla base di questo progetto foucaultiano (si veda
recensioni di Gobetti, N. L'Indice del 1999, n. 09
una dimensione globale, da Ajanta a
Roswell passando per Kuala Lumpur e Sant’Elena.
Il modello sono le mythologies di Roland Barthes (Miti d’oggi, 1957; Einaudi, 1974): una prima parte ("descrittiva") in cui si passano in rassegna una serie di casi emblematici (si tratta in questo caso di 39 brevi saggi in parte usciti negli anni scorsi sul "manifesto") e una seconda parte ("teorica"), in cui si cercano di tirare le fila.
Marco d’Eramo non dice mai "postmoderno", e già questo è indicativo di una scrittura che si sforza di preservare il lettore dalla nausea del risaputo e dalla rassegnazione della "fine della storia". Uno sforzo che spesso lo spinge all’estremo opposto, a una specie di passione per la stupefazione. Lo sguardo di d’Eramo è spesso esterrefatto, i "chi l’avrebbe detto!", i "nessuno immaginerebbe", i "pochi sanno che" si susseguono, a contrappuntare una serie di dati, notizie e constatazioni che lasciano a bocca aperta (un esempio: "Di tutte le patate coltivate negli Stati Uniti, una su dodici finisce in patatine fritte da Mc Donald’s e una vacca su dodici allevata in Gran Bretagna finisce in Big Mac").
Questo gusto per il punto esclamativo (quasi sempre, va detto, implicito) non è però una semplice strategia retorica. Lo sguardo è esterrefatto perché, nell’analisi di d’Eramo, per comprendere il nostro mondo non bastano più i pacifici punti fermi, ma non ci si deve neppure accontentare di eterni punti interrogativi. Qualche risposta la si può dare, solo che queste risposte sono paradossali. "Globalizzazione e Jihad, questi due termini con cui i coevi leggono la loro epoca, non sono aspetti opposti del moderno. In realtà, l’arbitrio identitario e la mondializzazione costituiscono un unico processo, quello della modernità". Il nostro mondo non va letto come il teatro di uno scontro tra particolarismi e globalizzazione, comunitarismi e massificazione, tradizioni e mutamenti, ma come il palcoscenico di una coesistenza (spesso non pacifica) tra innumerevoli identità particolaristiche e insieme massificate, disincantate e credulone, fondamentaliste e massmediatiche: arcaismi tecnologizzati, provincialismi cosmopoliti, creazionisti laicisti, negozietti di souvenir amish, Mc Donald’s alla Mecca e, appunto, "sciamani che prendono l’elicottero".
Nella prima parte del volume d'Eramo riporta 39 spaccati (dai titoli curiosi come Il moderno corre sui pattini, La lavapiatti del bucaniere, Il milite noto eMet-l-morfosi. Ovvero il signore degli anellini) in cui sono raccontate vicende, paesaggi e situazioni che bene rappresentano l'entità del disorientamento sociale in diverse situazioni geografiche. Dalla fine del culto dei morti all'obesità americana, dalla fede negli Ufo alle fortune di un serial giapponese in Iran, dai graffiti di Honolulu all'importanza dei baffi in Turchia.
I tre saggi della seconda parte del libro tirano le fila e misurano gli effetti di questa integrazione/disintegrazione mondiale: l'annullamento dello spazio e il peso della libertà; il tema del senso e il problema dell'identità; la crisi della scienza, il tramonto del razionalismo e il dilagare della credulità.
Continuando la sua indagine sulla "metropolitanità" Marco d'Eramo prosegue in questo libro la sua analisi, questa volta su scala planetaria, e propone al lettore di guardare in modo diverso il presente considerando gli eventi di oggi come fossero avvenuti in un passato lontano.
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