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Libro straordinario. Troppo lento per chi è forse diabituato alla vera bellezza.
E' troppo lento, non cattura facilmente l'attenzione del lettore, pur essendo poi molto intenso
Sbrigatevi, leggete d'un fiato questo libro e fate come me che ho pianto per quest'uomo così fuori dal normale, le cui parole spaventano e incantano, una persona che entra nella tua vita, non avevi mai visto prima "ma è come se avessi sempre avuto il suo volto accanto". Complimenti all'autrice.
Recensioni
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Che scrittrice è Elisabetta Rasy? Da quando leggo i suoi libri - cominciai con l'intenso e screziatissimo Posillipo (1997) - ho sempre pensato a lei come a una narratrice che sapesse inforcare, con grande sicurezza, occhiali di elegante e leggera montatura, ma attrezzati di due ottime lenti bifocali: quelle che consentono di vedere bene, e contemporaneamente, da molto lontano e da molto vicino. In effetti, nella sua bibliografia già piuttosto articolata, si possono cogliere due tipi di libri, in vista di un doppio impegno. Da una parte (il molto lontano), quelli di respiro storico, sempre supportati da una sicura documentazione, vagliata e rivagliata con pedanteria quasi filologica, come, per esempio, L'ombra della luna (2000), dove incontriamo Mary Wollstonecraft, la futura madre di Mary Shelley, e già autrice della dichiarazione dei Diritti delle donne, rivoluzionaria innamorata nella pericolosa e concitata Francia del 1792; o come quello appena pubblicato, La scienza degli addii (felice, il titolo), dedicato, sì, a quel poeta notevolissimo che è stato Osip Mandel'stam, ma declinato nella sguardo della sua solo apparentemente fragile moglie - la compagna di tutta la sua breve vita -, quella Nadezda Chazina che lo conosce a Kiev, lei nemmeno ventenne, il primo maggio 1919, a un convegno di giovani intellettuali, per non lasciarlo mai più, sino al giorno dell'arresto e della sua scomparsa nell'inferno del gulag. Dall'altra parte (il vicinissimo), i romanzi deliziosamente autobiografici - epperò leggibili anche come biografie di un'epoca attraverso diverse generazioni, tra Napoli e Roma: Posillipo , appunto, e Tra noi due (2002).
Ho detto sopra: in vista di un doppio impegno. Quasi che, disponendosi al confronto con personaggi d'eccezionale rilevanza storica, e non solo quanto alla storia del sesso femminile, magari proponibili al presente per un qualche valore d'esemplarità, Rasy abbia voluto avvalersi d'un altra e fruttuosa strategia, per interrogarsi sulla propria identità di donna e di persona, su certe possibilità di destino al femminile, su un'ipotesi d'oroscopo, parallela a quella sperimentabile, per così dire, in corpore vili , laddove s'è invece deciso di puntare sull'esperienza individuale, sulle tracce incerte, ma sempre fondative, della propria memoria, anche familiare. Ho già osservato altrove, parlando di L'ombra della luna , che Rasy, in questi romanzi d'ambientazione remota, ci si rivela come una scrittrice interessata a una specie di "storiografia dell'interiorità". Ora, La scienza degli addii mi pare vada a rafforzare quest'ipotesi, tanto più se si punta l'attenzione su una delle tre citazioni in epigrafe, quella di A. Y. Heschel: "Nella vita interiore non c'è casistica. Non è possibile codificare l'interiorità. D'altronde, una vita tutta esplicitata, un'anima articolata efficientemente, sarebbe derubata delle sue risorse". Come a dire che nulla nella vicenda di un'anima - per restare allo stesso vocabolario - è spiegabile, ma solo narrabile: appunto nei modi d'una durata. Ma c'è un altro aspetto di questa "storiografia" che va sottolineato: e che emerge vistosamente proprio nel momento in cui, a L'ombra della luna , s'affianchi quest'ultimo struggente romanzo. Nell'un caso come nell'altro, Rasy sceglie un tempo storico segnato da eventi eccezionali, di trasformazioni profonde, di parossismi: là la Rivoluzione francese, qua quella russa; là il volontarismo utopico dei giacobini, qua il messianismo dei bolscevichi, secondo un analogo e titanico tentativo di rifondare l'uomo.
Perché tutto questo? Le ragioni potranno essere molte. Di sicuro, dentro scenari storici di speranze incendiate e di immani tragedie, la storiografa dell'interiorità può lavorare la sua materia umana ad altissime temperature emotive. Che è quanto avviene qui, nella scienza degli addii: dove ci troviamo davanti, prima di tutto, a una grande e straziante storia d'amore, nel nome d'una religione che è quella della poesia, negli anni in cui ogni vestigia del divino viene cancellata con furia iconoclasta. Ecco: "Tra gli esseri umani, mormora Osip, accade come nella poesia quando riconosci la parola predestinata ai versi: nella tua vita entra una persona che non avevi mai visto prima, ma è come se avessi sempre avuto il suo viso accanto". Osip - dentro procellosi anni di miseria e gelo, paura e disperazione - vive noncurante del mondo e come aggrappato al solo scoglio della sua poesia. Nadezda, sin da subito, ne avvertirà il che di "sventatezza, la coscienza di una catastrofe ineluttabile": per votarsi interamente a quell'enigma. Il libro di Rasy - dentro la cui cruna passa tutta la grande poesia russa di quegli anni feroci e straordinari - ci racconta in che modo un destino possa riuscire a conclamarsi: quello di Nadezda Chazina capace di trasformarsi, non in "ombra di suo marito", ma in "ombra della sua voce". Perché la poesia arrivi a vincere sulla Storia.
Massimo Onofri
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