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federico sabatini coglie in pieno e spiega profondamente le sensazioni che ho avuto leggendo questo breve ma intensissimo libro della gordimer. La grande lezione che lei ci da è quella di smetterla con l incasellare gli esseri umani in categorie troppo rigide che portano solo a guerre mentali. il fatto che poi non abbia accettato un premio come scrittrice femminile la rende fantastica ai miei occhi e credo che debba essere un monito anche per certe femministe troppo radicali che rischiano di perdersi molte cose. Sono anche io femminista e per questo consiglio questo libro vivamente. a tutti.
Recensioni
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Questa raccolta di scritti e interviste offre una disamina dettagliata e accorta del lucido pensiero politico del premio Nobel sudafricano e, soprattutto, una chiave utilissima per comprendere il suo personale discorso teorico e letterario. Le interviste sono tutte mirate all'approfondimento dei temi più cari all'autrice, impegnata nella lotta pre e post apartheid: il razzismo e l'intolleranza, la censura, la condizione africana, il sessismo e l'omofobia e, soprattutto, il correttissimo "razzismo al contrario", lo stesso concetto che spinse l'autrice a rifiutare la candidatura al prestigioso Orange Prize nel 1998, non accettando che un premio letterario fosse riservato a scrittrici donne, categoria per lei troppo angusta (e ovviamente ingiusta), sinonimo inconsapevole dello stesso razzismo maschilista che lei, vera donna intellettuale, aveva sempre combattuto. L'errore è quello di "incasellare gli esseri umani in categorie", mentre il compito dello scrittore è quello di guardare "oltre" a quella complessità che oggi, per ragioni politico-economiche, è troppo spesso rimpiazzata da un appiattimento e da un istupidimento intellettuali, frutto di una globalizzazione telematico-televisiva che non equivale ad arricchimento e diversificazione ma, al contrario, corrisponde solo a un'eccessiva semplificazione e omologazione. Pur mescolando continuamente il discorso politico e quello personale, Gordimer afferma, seguendo Marquez, che "il modo migliore di uno scrittore per servire la rivoluzione, è scrivere meglio che può". Scrittura che dunque agisce sulla storia al pari di quanto la storia non agisca sulle scrittura stessa. In questa oscillazione tra questione politica ed esistenziale che vede l'artista contemporaneamente fuori e dentro la storia, calato e al contempo distaccato rispetto alle vite che racconta, Gordimer situa il nucleo del significato della (sua) scrittura. I suoi personaggi sono infatti, come nella teoria di Georg Lukàcs, una rappresentazione simultanea di individualità e tipizzazione storico-sociale. L'autrice ricerca infatti la "parola delle parole", quell'espressione ispirata ma anche profondamente inserita e modellata nelle strutture sociali del suo tempo in grado di "produrre frammenti di verità". Da qui la celebre affermazione "nulla di ciò che dico o che scrivo è vero come la mia scrittura", mirata a sottolineare quel carattere di ricreazione della vita che è arricchimento della vita stessa e che solo l'arte è capace di raggiungere, a differenza del più sterile discorso politico e divulgativo o degli scritti teorici e sociali di cui essa stessa è stata autrice ragguardevole. Il valore della "scrittura" risulta fortemente collegato alla natura stessa dell'essere, come affermato nella prima parte del libro, la più importante, quella centrata sull'ancestrale rapporto arte/vita. Se la realtà si costruisce da molti elementi "visti e non visti, espressi e lasciati inespressi", occorre accettare che la vita sia un concetto aleatorio e che l'essere risulti "costantemente trascinato e modellato dalle circostanze e da diversi livelli di coscienza". Allo stesso modo occorre ricercare un tipo di scrittura che assuma questa legge intrinsecamente nel suo contenuto, come nella sua forma: "non esiste un puro stato dell'essere e di conseguenza non esiste un testo puro, un testo 'reale' che incorpori totalmente l'aleatorio". Federico Sabatini
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