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Anno edizione: 2019
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Non tutto però è come dovrebbe essere: tra un presente indefinito e un passato da risolvere realtà e finzione si intrecciano, si rincorrono e troppo spesso si scambiano di posto.
«Una meditazione disincantata sul rapporto fra vecchi e giovani» – Robinson
Ariel Hernández è uno scrittore cinquantacinquenne di una certa fama ma in piena crisi creativa. Disincantato e cinico, è alle prese con una causa di divorzio, non fa vita sociale e ha ormai abbandonato le amicizie di un tempo. Tra le poche persone che ancora lo sopportano c’è il giovane David, aspirante scrittore introverso e irrequieto, che sembra riconoscere in lui un mentore, una guida, e sfida il suo cinismo. Un giorno David è assalito e brutalmente picchiato da alcuni sconosciuti che lo lasciano quasi in fin di vita, e il ragazzo che si risveglia dal coma si rivela un estraneo ossessionato da un unico pensiero: trovare i suoi aggressori per vendicarsi. Ariel viene coinvolto in questo inquietante progetto e trascinato in una spirale di violenza all’apparenza inarrestabile.
Ariel, uno scrittore rinomato, vanesio, pieno di sé; Eduardo, scrittore anche lui,ma senza successo e cornificato dall’amico Ariel; David, figlio di Eduardo, anche lui aspirante scrittore che seduce l’amico paterno, il quale a sua volta ne resta sedotto, al punto da sorreggerlo anche nell’ossessionante voglia di vendetta in cui cade dopo che è stato massacrato a botte da un gruppo di sconosciuti che lo lasciano a terra, quasi in fin di vita. Ma quanto detto a proposito dei suddetti personaggi è vero o solo apparenza, finzione, oppure possibile intreccio di entrambi?
José Ovejero, nel suo La seduzione (219 pagine, 18 euro), edito da Voland e tradotto da Bruno Arpaia, c’immerge in un luogo sine nomine e in un contesto in cui è difficile stabilire dei parametri concreti perché l’illusione, la seduzione diventano realtà, se come tali si vivono, e progressivamente si finisce con il perdere la consapevolezza dei confini, non si comprende più cos’è illusione e cos’è realtà. Tema avvincente, pirandelliano, anche se forma e vita qui acquistano una valenza semantica diversa, infatti se per Pirandello la vita vera è il flusso costante dell’esistenza e la forma, le varie maschere, i vari ruoli che nella vita si assumono, per Ovejero la vita vera, la realtà è la forma-finzione che si crea con l’arte, sono gli squarci di vita mascherata che la scrittura immortalizza e che l’arte rende senza forma e senza tempo. L’arte è immortale e, come sostiene Ugo Foscolo ne I Sepolcri, «vince di mille secoli il silenzio» (v.234) e, proprio questo suo potere, le consente nel tempo, afferma David, di trasformare anche la realtà: «… la finzione è l’unica cosa che può trasformare la realtà. Cioè la finzione ha più sostanza della realtà. Il mondo che si crea con l’arte è più duraturo di quello materiale…..La finzione crea la realtà». (David, pag.23). Quindi la vita quotidiana con gli impegni, le fatiche e i vari ruoli che comporta è una “pupazzata”, è recita costante, come sostiene Pirandello, della quale, abbassato il sipario che la morte stende su ognuno di noi, nulla resterebbe se l’arte non rubasse momenti, squarci per destinarli all’eterno.
Al di là del presupposto ideologico-filosofico che è sotteso al romanzo di Ovejero (l’abbiamo intervistato qui e qui), interessante è anche la considerazione in cui vengono tenuti i giovani , Ariel infatti, a prescindere dalla seduzione che vive nei confronti di David, è consapevole che la gioventù è l’età «in cui ci si sente compressi, non solo nella società e nella famiglia… ma perfino nel proprio corpo e si ha bisogno di uno spazio in cui espandersi e provare a essere se stessi, vale a dire un altro, chi non si è e…. chi si potrebbe ancora essere»( Idem, pag.21), pertanto per soddisfare questa necessità, egli è consapevole che bisogna «cedere il palcoscenico», andar via «alla chetichella e dalle quinte guardare come prosegue lo spettacolo» (Fine della seduzione, pag.218).
La fabula e l’intreccio in linea di massima coincidono, le analessi infatti, sono brevi e poche; il narratore è Ariel che in posizione omodiegetica cerca di coinvolgere il lettore rivolgendosi progressivamente, direttamente a lui e di fatto, oltreché il contenuto, anche lo stile in genere fluido e semplice rendono gradevole e coinvolgente il romanzo, ma la punteggiatura non sempre segue i canoni che la caratterizzano, infatti è assente nella proposizione del discorso diretto e ciò soprattutto nella lettura delle prime pagine, distoglie dalla comprensione immediata del testo.
Recensione di Francesca Luzzio
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