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Anno edizione: 2021
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Scritto a 22 anni e fin'ora inedito in Italia, Il Serpente è il romanzo di esordio che consacrò Stig Dagerman come uno dei giovani autori di maggiore talento della sua generazione.
«Il serpente è ovunque, trattenuto dal seducente gioco a nascondino in cui, con estro spietato, è costantemente impegnata la prosa di Dagerman, preso nel balletto delle ripetute dissimulazioni, nella fittissima rete di metafore per cui ogni cosa appare è un'altra cosa» - Alessandra Iadicicco, la Lettura
«Una storia di guerra, una metafora dell'assurdo» - Leonardo G. Luccone, Robinson
Quando nel 1945 Stig Dagerman pubblicò Il serpente fu accolto dalla critica come l'enfant prodige della letteratura svedese per la sua sorprendente modernità e la sua prosa potente e precisa. Scritto durante la Seconda guerra mondiale e ambientato in una Svezia nervosamente neutra in allerta militare, Il serpente riflette tutta la sensibilità dell'autore per l'inconscio, la giustizia sociale e la psicologia della paura. In un primo momento Il serpente sembra essere una raccolta di racconti fino a quando, in un brillante sviluppo della narrazione, le diverse storie si uniscono per rivelare le strutture tematiche sottostanti. Stig Dagerman scrive con uguale abilità dal punto di vista dei vari protagonisti, e attraverso di loro riesce a capire l'abisso dell'ansia e della paura sia dei soldati che della gente comune. Ed è sempre il serpente la materializzazione di questa paura: c'è il serpente catturato da Bill, un soldato di seconda classe che lo usa per imporsi su coloro che lo circondano; c'è il serpente che, riportato da uno dei soldati nella caserma, fugge dalla sua prigione e diffonde il terrore nella manciata di uomini che sono rimasti in questo immenso edificio polveroso e vuoto dopo la partenza del reggimento. In linea con la ferma convinzione della necessità etica (e politica) di non cedere a nessuna forma di consolazione, e soprattutto di fiducia nel futuro – un'idea faticosamente portata avanti in tutte le sue opere successive – Stig Dagerman sostiene la necessità di affrontare l'ansia direttamente, con la consapevolezza e l'introspezione, perché forse «questa è l'unica opportunità che abbiamo di mettere alla prova noi stessi».
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Non si può recensire un libro del genere. Sembra quasi inspiegabile, tanta è la perfezione e il sano senso di sbigottimento che trasmette ai lettori. Un dono quasi immeritato.
In maniera che è proprio da serpente, in questi racconti organizzati nel modo più eclettico che scrittore possa immaginare si cerca di fare i conti con la paura, metterla con le spalle al muro, riconoscerla negli altri, capire cosa ci si debba fare. Lo scrittore dovrebbe essere quello la cui paura è la più grande perchè "dovrebbe liberare gli altri dalla paura", ma così non è, anzi. Forse è un malinteso: lo scrittore può solo riconoscere la paura in tutti, non può liberare nessuno. Così è per il protagonista nascosto della storia, Scriver, e così fu anche per Stig Dagermann, animato da un desiderio di chiarezza senza compromessi che quasi nessuno possiede.
Primo romanzo dell'autore svedese scritto in maniera magistrale a soli 22 anni. Quello che si manifesta dopo aver letto solo poche pagine, è l'incredibile modernità linguistica e stilistica (l'opera è stata pubblicata nel 1945), il contenuto invece trasuda pura angoscia e indefinibile paura, spirito tormentato affine a Kafka (Dagerman si suicidò a 31 anni). Il romanzo è composto da una prima parte, sorta di novella (circa 130 pagine), intitolata Irene, drammatica e psicologicamente perturbante da toni noir molto forti, subito dopo la struttura dell'opera cambia forma, una sequenza di racconti più o meno legati fra loro, di grande impatto narrativo, decisamente misteriosi ed inquietanti, (in particolare Lo specchio, potentissimo il finale, anche dal punto di vista emotivo), rare ma efficaci le apparizioni del serpente, la cui figura assume anche connotazioni simboliche ed archetipiche. Nel suo spirito Il serpente può rimandare alle opere di Thomas Bernhard, un romanzo sicuramente antimilitarista, che scandaglia le zone torbide dell'animo umano, crudo e a tratti violento, poetico nelle sue metafore descrittive con alcune incursioni nel mondo onirico.
Recensioni
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