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Anno edizione: 2009
Anno edizione: 2014
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Nell'anno "galileiano" esce il testo che significò una nuova fase nella conoscenza del cosmo, a cura di William Shea, uno dei maggiori studiosi dello scienziato pisano, e di Tiziana Bascelli, con una nuova traduzione che, comparata a quelle precedenti, si presenta di più agevole lettura. Nelle cinquantasei pagine di quest'opera, Galileo offre il resoconto rigoroso e puntiglioso delle osservazioni astronomiche condotte tra l'ottobre 1609 e l'inizio di marzo 1610, che gli consentirono di fare ben sette scoperte che comportavano, come risultato generale, una nuova mappa del sistema solare: dalle montagne e valli sulla Luna alla Via Lattea come ammasso di piccolissime stelle; dall'identificazione di quattro corpi celesti attorno a Giove alla rotazione di Venere attorno al Sole, alle macchie solari. Il che, nel breve volger di una settimana, ebbe enorme ripercussione in tutta Europa e Galilei fu conosciuto come lo scienziato che aveva demolito definitivamente l'intero modello aristotelico, dominante fino allora negli ambienti della filosofia e della scienza.
Grazie a quest'opera veniamo a conoscere attraverso quali osservazioni, ipotesi poi corrette o abbandonate, errori o incertezze lo scienziato pisano sia alla fine giunto alle scoperte che abbiamo segnalato e che ponevano al centro del dibattito epistemologico una serie di questioni ermeneutiche su cui si sono soffermati gli studiosi nel corso di questi quattrocento anni. Il primo e più noto riguarda proprio la paternità della scoperta del cannocchiale, che subito provocò critiche, perplessità e anche qualche malignità, come quella che l'ambasciatore imperiale a Venezia Georg Fugger comunicò a Keplero: "Galileo sa e ha l'abitudine di farsi bello con le piume degli altri, che raccoglie qui e là come il corvo di Esopo". Ora, è vero che il cannocchiale era da tempo conosciuto e utilizzato, ma i curatori sottolineano la novità di quello fabbricato da Galileo, e soprattutto l'uso nuovo che egli ne fece. Per la prima volta uno scienziato poteva giovarsi di un mezzo dalle straordinarie potenzialità; ma, in una cultura in cui l'importanza dei mezzi tecnici rimaneva solitamente in secondo piano, Galileo proclamava il significato conoscitivo del cannocchiale (il suo ingrandiva di ben 15, e poi di 20 volte gli oggetti; un traguardo da nessun altro raggiunto), che gli aveva permesso di delineare una nuova teoria dei fenomeni astronomici osservati.
E tuttavia, sottolineano i curatori, proprio su questo punto emerge anche il limite teorico di Galileo. Egli "non aveva le idee chiare sulla rifrazione, che è l'elemento essenziale nella spiegazione del funzionamento del telescopio. Senza la sua comprensione, Galileo non era in grado di determinare la lunghezza focale delle lenti". In realtà, lo scienziato procedette empiricamente con un metodo alternativo che descrive nell'opera. In conclusione Galileo, affermano i curatori, "ebbe la fortuna di poter acquistare le lenti di Murano, di qualità straordinaria, ed ebbe il genio e l'abilità di capire come giocare con esse per ottenere il tipo di composizione utilizzato nei binocoli da teatro". In conclusione, la lettura del Sidereus Nuncius contribuisce a farci capire il processo affatto lineare che porta alla formulazione di una nuova teoria scientifica; e come, per usare la formula famosa di Galilei, si saldino tra loro le "sensate esperienze" con le "certe dimostrazioni". Un problema, giova ricordare, ancora oggi di pressante attualità.
Mario Quaranta
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