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Anno edizione: 2022
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Scritto durante una prigionia politica sotto il regime stalinista di Rákosi e in seguito censurato, Il signor A.G. nella città di X è un gioiello nascosto della letteratura del Novecento. Un'opera senza tempo, che riesce a dare un corpo all'angoscia di essere circondati da una realtà che non si comprende più; ma nella quale, in ogni momento, alberga sempre una speranza di libertà.
Questa città è ingannevole come la gomma, ora si dilata, ora si restringe. Anche volendola misurare in larghezza e lunghezza, non si fa in tempo, non appena si finisce, la città è già cresciuta, oppure si è già ristretta; non mi risulta che qualcuno l'abbia mai girata tutta, da cima a fondo.
Non c'è un treno che porti a X. Dopo l'ultima stazione si può solo camminare lungo un'unica strada senza fine, attraverso una terra desolata, e, anche quando saranno apparse le prime vestigia di un'umanità in rovina, non si sarà ancora arrivati. Il forestiero A.G. è giunto sin là quasi per mistero, forse fuggendo da qualcosa: davanti ai suoi occhi appare ora niente più che una distesa di edifici diroccati, relitti bellici e detriti industriali; una città impermeabile alla curiosità umana perché ignota ai suoi stessi abitanti. Ma è solo avanzando che l'anima del luogo gli si manifesterà in tutta la sua contraddittorietà, come un enigma che si complica subito prima di poter essere svelato. A X i cittadini infatti conducono un'esistenza priva di passioni, non conoscono il reale valore di lacrime e risa e la loro unica aspirazione è la morte, vissuta come un trapasso gioioso, celebrato in un'annuale processione in musica. A X la sola istituzione dotata di autorità è un tribunale nel quale i processi non vengono mai conclusi. A X la libertà è un caos senza definizione, per cui i suoi abitanti credono che l'appagamento cieco dei propri bisogni equivalga alla piena emancipazione. Tra loro c'è anche Elisabetta, la donna di cui A.G. si innamora. L'uomo vorrebbe condurla via da quella vita grottesca, ma per lei la fuga è inconcepibile; ogni volta che lui sembra averla convinta, Elisabetta all'ultimo rinuncia. A.G. dovrà dunque infine scegliere: tra amore e solitudine, tra prigionia e libertà. Con A.G. Tibor Déry ha creato un novello K., un antieroe intrappolato nelle maglie plumbee di una città-mondo dai contorni metafisici. Scritto durante una prigionia politica sotto il regime stalinista di Rákosi e in seguito censurato, Il signor A.G. nella città di X è un gioiello nascosto della letteratura del Novecento. Un'opera senza tempo, che riesce a dare un corpo all'angoscia di essere circondati da una realtà che non si comprende più; ma nella quale, in ogni momento, alberga sempre una speranza di libertà.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
"Questa città è ingannevole come la gomma, ora si dilata, ora si restringe. Anche volendola misurare in larghezza e lunghezza, non si fa in tempo, non appena si finisce, la città è già cresciuta, oppure si è ristretta; non mi risulta che qualcuno l'abbia mai girata tutta, da cima a fondo". D'accordissimo con la precedente valutazione letteraria, (diciamo che con G. Subissoni mi trovo sempre in sintonia). Un romanzo attuale, oserei dire universale, lo spirito del Processo di Kafka impregnato da una esilarante patina grottesca, che non depotenzia il messaggio, la forza dell'opera stessa. Sin dalle prime pagine, Dery riesce a coinvolgerti, il romanzo ti prende, ti avvolge, ti ammalia nelle sue spire surreali eppur verosimili, e qui sta l'arte di questo scrittore magiaro, opera sicuramente politica, ma ad ampio respiro, con implicazioni metafisiche, filosofiche, sociali e psicologiche. X intesa come simbolo, come multistrato sottotestuale che affascina, fa sorridere e pensare.
Libro affascinante, che non risente affatto degli anni trascorsi dalla sua prima pubblicazione.
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