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Anno edizione: 2023
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Per un periodo della mia adolescenza sono stato un fan di Giacomo Leopardi. Siccome dalla "fandom" non si esce mai completamente, appena ho saputo di questo romanzo ho capito che dovevo leggerlo. Il concetto? Semplice e geniale: Leopardi come Jim Morrison. Non morì a Napoli nel 1837, come ancora oggi si trova scritto nei manuali di letteratura, ma approfittò dell'epidemia di colera per inscenare la propria morte e imbarcarsi in incognito come mozzo su di un veliero con destinazione Londra, dove lo ritroviamo sotto le mentite spoglie del conte Rossi, verso la metà del secolo, a dare lezioni di hindi e sanscrito al padre di Rudyard Kipling. Se tutto questo non dico vi appassiona ma almeno vi incuriosisce, vi consiglio il libro. Altrimenti, no. Io l'ho letto in meno di due giorni e trovo che Zaccuri sia riuscito a creare una notevole suspence, soprattutto nelle ultime, incalzanti cento pagine che mi hanno addirittura entusiasmato. Ma se l'argomento vi sembra futile o bislacco, lasciate perdere.
Molto interessante l'idea alla base del romanzo, ma l'erudizione e la filologia finiscono per soffocare progressivamente il piacere di leggere e, soprattutto, per pregiudicare la fluidità narrativa. La costruzione dell'intreccio appare un po' forzata, quasi che l'autore voglia far quadrare a tutti i costi i conti e puntare tutto sui contenuti. Bravo, diremmo ad uno studente, hai studiato tutto il programma! Ma l'arte di raccontare è tutt'altro. Forse l'aspetto più tedioso nella lettura è proprio quello didascalico. L'autore non si accontenta di "aver studiato tutto il programma", ce lo vuole illustrare pedissequamente nella sua interezza. Così ad ogni citazione latina o poetica segue impeccabile la chiosa erudita, a tratti pedante. Ma il libro perde l'occasione di farsi romanzo-saggio per qualificarsi invece come romanzo didascalico. Dietro l'erudizione ostentata anche i personaggi perdono anima e consistenza narrativa: di Leopardi ci sono solo i suoi libri, i suoi scritti meno noti al grande pubblico, le sue idiosincrasie, solo a tratti emerfe l'uomo con la sua carica titanica. L'accostamento della figura di Olivier Messiaen accanto al poeta pare poco più che un pretesto: i fili che fino ad un centro punto si intrecciano nel romanzo si sdipanano nella parte conclusiva, così che il lettore può scegliere (quasi in una storia a bivi da fumetto) quale delle due portare a termine. Personalmente ho scelto per quella di Giacomo, ma senza grande soddisfazione. Non avrò colto un livello simbolico di lettura? Nel professato amore di Giacomo per i libri anche a costo della vita, così come emerge nel finale del romanzo, si cela forse un regresso all'infanzia del poeta, all'età dell'erudizone, prima della "conversione filosofica" (visto che di Leopardi "filosofo" non c'è nulla nel libro)? O si tratta di una rilettura postmoderna e borgesiana di Leopardi? Anche questo l'autore, così in vena di didascalie, avrebbe potuto spiegarcelo.
Le motivazioni che stanno alla base di questo libro di Zaccuri sono sicuramente interessanti e non facilmente esauribili (la problematicita' del rapporto padre-figlio, la figura della madre-Grande-madre etcetc) ma e' triste constatare che gli interessi di tipo storico-filologico dell'autore abbiano sopraffatto il romanziere che, in ogni caso, non si puo' dire sia il Manzoni!! Al termine della lettura di questo romanzo, cosi' e' definito dal sottotitolo, nessuna immagine si imprime nella mente del paziente lettore, resta soltanto un senso di confusione e di divagazione intellettualistica..... e' un peccato, da quel che avevo letto a proposito di questo lavoro mi aspettavo davvero qualcosa di meglio.
Recensioni
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