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Da ricercatore di informatica mi sono fatto trascinare da amici (notare: non colleghi, e presto capirete perché) nella lettura di questo libro. All'inizio sembra promettere bene: una storia di famiglia interessante, quasi affascinante. Poi, plot twist: arriva una seconda parte che definire tremenda è un complimento. Tra cultura aziendale e tecnicismi, il tutto condito con nozioni che nessuno vorrebbe trovare su un libro non tecnico ( NO NEANCHE UN INGEGNERE!) La storia? Quella di un grande ingegnere, sì, ma che riesce nell'impresa titanica di non essere mai abbastanza umile da capire come funziona davvero l'innovazione tecnologica dove tutti contribuiscono a un pezzetto e il merito è della comunità non del singolo. Invece, si dedica all'arte dell'autocelebrazione nauseabonda, raccontandoci di un microprocessore come se fosse l'unica invenzione che conta. Oh, ma attenzione: il moderno computer ha centinaia di parti fondamentali oltre al microprocessore, e l'innovazione contemporanea ne ha ancora di più. Ma per fortuna gli altri ingegneri che con lui hanno fatto la storia della tecnologia non si sono messi tutti a scrivere libri. E poi, ecco la "seconda parte". Potenzialmente interessante? Forse. Ma ormai il quadro del personaggio è talmente compromesso che non c'è speranza. In sintesi, un libro che gronda autocelebrazione. Un ponte al silicio, una grande azienda milionaria e zero modestia. A questo punto, tanto valeva leggere un manuale di qualche cripto bro
Scommetto che molti giovani oggi sanno bene chi è Steve Jobs ma non sanno minimamente chi sia Federico Faggin. In questo bellissimo libro c'è la storia non solo di un grande imprenditore e scienziato nostro connazionale ma soprattutto c'è l'ennesima testimonianza della brillante ingegneria italiana; di quello che sappiamo fare (bene) quando si creano le condizioni giuste. La grande Olivetti... Poi paradossalmente buttata alle ortiche. Libro da leggere assolutamente. L'intuizione di Faggin sul gate in sicilio con i contatti sepolti spalanca le porte delle microelettronica permettendo la corsa verso l'era digitale moderna. Il libro è ben scritto e appassionante, lasciando in appendice descrizioni tecniche particolareggiate per gli appassionati e per chi volesse capire a fondo la tecnica impiegata. Si conclude con un interessante riflessione sulla consapevolezza e sulla coscienza, le due fondamentali che ci distinguono dalla semplice macchina numerica.
Federico Faggin è per gli appassionati di tecnologia e per gli addetti ai lavori una sorta di idolo, di eroe, troppo spesso ignorato qui in patria, mentre degnamente riconosciuto e apprezzato negli Stati Uniti tanto da aver ricevuto nel 2010 la Medaglia Nazionale per la Tecnologia e l’Innovazione dal presidente Obama. Questo libro, “Silicio. Dall’invenzione del microprocessore alla nuova scienza della consapevolezza” è un saggio dai forti richiami autobiografici. E’, per volontà dello stesso autore, diviso in quattro parti che sarebbe più giusto definire vite: dall’infanzia ai primi lavori, dalla battaglia legale contro Intel per il riconoscimento dell’invenzione del microprocessore fino ad un’ultima parte che affronta scientificamente il tema della consapevolezza e, se vogliamo quindi, dell’intelligenza artificiale. E’ un libro che, col senno di poi, consiglio di leggere solo a chi è davvero interessato all’argomento e a chi possiede delle buone e già consolidate conoscenze tecnico-scientifiche sul mondo dell’elettronica e della tecnologia. Per quanto mi riguarda è stata una lettura interessante ma a tratti difficile da portare avanti e che, ancora una volta, mi ha fatto pensare a quanto il genio italiano in generale, forse per autoreferenzialità o più semplicemente per un ancestrale pudore, non si sappia vendere così bene come invece sanno fare all’estero. Potete trovare la recensione completa sul blog.
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