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Re Artù è a Camelot per celebrare il Capodanno. Intorno a lui i cavalieri della Tavola Rotonda, «in splendida festa e spensierato piacere». È costume del re ascoltare, prima di dar inizio al pranzo, la «strana storia di qualche avventura». Ed ecco, prima che qualcuno cominci a narrare un racconto meraviglioso, si fa avanti il meraviglioso stesso. È un gigantesco cavaliere, tutto vestito del verde più puro, in mano ha un’ascia «mostruosa ed enorme». Quando parla, è per proporre una sfida che fa tremare. Sarà Sir Gawain, perla dei cavalieri, a raccoglierla.
Sopravvissuto in un solo manoscritto, anonimo, attribuibile alla fine del Trecento, Sir Gawain e il Cavaliere Verde spicca solitario nel Medioevo inglese. In questo poemetto insondabile e fragrante sembrano celebrarsi le nozze fra Bellezza e Significato. Qui, all’interno di un’incantata cornice cortese, fra castelli che paiono ritagliati nella carta, corni di caccia e dame esperte in rischiose schermaglie d’amore, incontriamo una variante assai segreta di un tema ultimo del mito: il rapporto fra l’eroe e il mostro, il Nemico. I cavalieri antichi ben sapevano che vincere il Nemico non significa soltanto affondare una lama in un corpo mostruoso. Ben più intimo, ben più sconcertante e vertiginoso è il rapporto che li lega all’avversario soprannaturale. Allora duello e sacrificio possono sovrapporsi, allora una testa che rotola può diventare non la rovina, ma la salvezza. Allora i colpi mortali possono essere sostituiti da doni, in uno scambio di omaggio fra il mostro e l’eroe. Filtrato dalla mente cavalleresca, questo è il meraviglioso di cui aveva bisogno re Artù per cominciare a mangiare. Il che significa qui: per cominciare a vivere. L’avventura di Sir Gawain offrì ai suoi occhi qualcosa del meraviglioso che dà avvio alla vita, come lo offre a quelli di tutti noi che leggiamo le parole del suo ignoto cantore.
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bellissimo!incredibile capolavoro....
Questo libro mi è stato consigliato dalla prof di italiano come libro per le vacanze è stato un libro che posso valutare con un ottima trama molto bello interessante e avvolte divertente comunque non lo consiglio perchè è molto molto lento.
Recensioni
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(recensione pubblicata per l'edizione del 1986)
recensione di Castelnuovo, G., L'Indice 1987, n. 3
"Sir Gawain* è accanto ai "Canterbury Tales", il più bel romanzo inglese medievale. Composto sul finire del '300 in una corte delle West-Midlands e scritto in quel dialetto, è un breve poema (poco più di 2500 versi) che usa la tecnica dell'allitterazione, tipicamente inglese ma ascendenza latina e germanica; la sua freschezza e curiosità sono state più che mantenute nell'esemplare traduzione. Tramandatoci in un'unica copia assieme a tre poemi di argomento epico-religioso, esso emerge con un unicum nel panorama della letteratura cortese basso-medievale. Anche le sue fonti letterarie sono ardue da ricostituire - per quanto riguarda un inquadramento mitologico generale, che collega Galvano al dio Indra, si veda, in appendice al volume, il saggio, del 1944, di A. K Coomaraswany.
Per alcuni aspetti strutturali "Sir Gawain*, per mantenendone certi tratti specifici (la corte di Artù, le avventure in paesi lontani e misteriosi, il problema dell'etica e dell'onore cavallereschi) è anche sensibilmente diverso dai romanzi arturiani della fine del XII e del XIII secolo, sia continentali - "Yvain*, "Parzifal" - sia più specificamente anglo-normanni - il "Brut" o l'"Historia" di Geoffrey of Monmouth. In due secoli il pubblico inglese è cambiato, coagulandosi attorno a un'aristocrazia provinciale che non si accontenta più di una semplice rielaborazione di romanzi francesi, ma la radicale diversità di "Sir Gawain* appare anche sul piano stilistico e letterario.
Non si tratta soltanto della scelta del protagonista, Galvano, una figura che sino ad allora pur incarnando la cortesia cavalleresca, era rimasta senza profondità, semplice spalla di eroi meno statici come Lancelot o Perceval; e nemmeno della brevità dell'opera, che abbandona le strutture a interlace per concentrarsi sull'unica avventura di un unico personaggio. È dal punto di vista del trattamento del testo che questa diversità è maggiore. Accanto al mondo magico dei cavalieri della Tavola Rotonda, l'autore descrive, con acuto realismo, scene della vita quotidiana. Soprattutto nella terza parte, dove si alternano scene d'interno - le feste nel castello, la cui precisa descrizione tanto lo allontana dalle fortezze tipiche della matière de Bretagne -, e di esterno - le tre cacce, dettagliatamente tecniche e altamente suggestive ad un tempo. Quest'alternarsi di piani in strutture binarie e ternarie fra loro intrecciate (due decapitazioni e tre colpi d'ascia, due spazi e tre tempi, annuale, stagional-religioso e quotidiano) è spia di una notevole elaborazione artistica che trova riscontro anche sul piano etico. Nella sua introduzione Piero Boitani trae dal test anche una dimensione metanarrativa, il giocare dell'autore sull'intrecciarsi e il confondersi di realtà e racconto. E sembra proprio che abbia ragione, tanta è l'inventiva e il valore artistico di questo poeta, maestro negli incastri ma anche nel suspence. Al punto che, per non guastare la lettura di questo libro mi è sembrato indispensabile tacerne la trama, perché meglio si possano gustare le inverosimili eppure naturali avventure di Sir Gawain e del suo antagonista, il Cavaliere Verde.
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