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"La paura delle libertà, che significa paura delle masse, segna quasi tutto lo sviluppo della rivoluzione russa. Se è possibile trarne un insegnamento fondamentale in grado di rivitalizzare e risanare il marxismo, più che mai minacciato oggi dalla fine del bolscevismo, lo si può formulare in questi termini: il socialismo è democratico nella sua essenza e il termine democratico va inteso qui nel suo significato libertario. Vediamo che oggi in Urss senza libertà di opinione, di parola, di critica, di iniziativa, la produzione socialista non può che passare di crisi in crisi. La libertà è necessaria per il socialismo, lo spirito di libertà è necessario per il marxismo come lo è l'ossigeno per gli esseri viventi. Proprio per la sua clamorosa vittoria spirituale e politica nella rivoluzione russa, il marxismo è minacciato oggi da un immenso discredito e, all'interno del movimento operaio, da un'incredibile demoralizzazione".
Recensioni
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recensione di Bongiovanni, B., L'Indice 1998, n. 3
Non è stato l'unico a incarnare la coscienza critica del socialismo. Ma, certo, Victor Serge, prima anarchico, poi comunista eterodosso, infine socialista democratico-libertario, è stato, tra quanti hanno vissuto e pensato le vicende rivoluzionarie e controrivoluzionarie della prima metà del secolo, una mente tra le più libere. Una vita avventurosa, la sua. Raccontata nelle pagine appassionanti delle "Memorie di un rivoluzionario 1901-1941", tradotte da Aldo Garosci nel 1956 per La Nuova Italia e più volte ristampate (anche negli "Oscar Mondadori", 1983).
Per la cura esemplare del troppo presto scomparso Attilio Chitarin (1946-97), massimo studioso di Serge, esce ora una raccolta di saggi, alcuni mai tradotti e un paio del tutto inediti, sull'itinerario del socialismo e sulla natura sociale dell'Urss. Saggi che dimostrano quanto precocemente fu compitato dai socialisti antitotalitari il libro nero del comunismo. Chi aveva gli occhi per vedere aveva infatti già visto sin dagli anni venti. E non si era limitato a far di conto. Aveva anche cercato di capire.
E la comprensione, in questa raccolta, comincia in modo folgorante con una lettera - datata 1° febbraio 1933 - che è praticamente un testamento. Serge, che si trova in Urss, sa che sarà arrestato. Teme di essere ucciso. Riesce a consegnare al cognato e amico Pierre Pascal - il grande studioso della civiltà contadina in Russia - un messaggio da far conoscere all'estero. "Tutto è messo in questione", scrive Serge. L'Urss infatti è "totalitaria", e "castocratica". L'aggettivo "totalitario", inventato nel 1923 da Giovanni Amendola per definire il fascismo, ora è utilizzato per definire l'Urss. Serge però va oltre e sostiene che è proprio dal pur irrinunciabile socialismo che può nascere una svolta reazionaria. Negli scritti successivi al 1936, dopo la liberazione e l'espulsione dell'Urss, il suo pensiero si precisa. E si approfondisce il contrasto con Trockij. Lo strato dominante in Unione Sovietica è infatti identificato nei "parvenus" della rivoluzione, cioè nei diseredati del vecchio regime che sono riusciti a emergere, magari con atti di eroismo. Costoro sono stati selezionati dalla guerra civile e da quindici anni di crisi sociali, il che li ha resi implacabili nella lotta.
È il popolo che è diventato l'oppio del popolo. L'uomo inoltre non conta più nulla. È diventato un ingranaggio della grande e anonima macchina della tecnica moderna e della massificazione. Che è accaduto nell'Urss? Che sta accadendo nel mondo? Nelle cose stesse, mentre il vecchio capitalismo liberistico sta agonizzando (la grande guerra e la crisi del '29 ne sono stati il rintocco funebre), vi è ovunque una spinta verso il collettivismo e verso la pianificazione. Se l'uomo riesce a controllare nella libertà il proprio operare economico, questa tendenza può avere uno sbocco positivo. Ma se s'impongono, con la dittatura, la burocrazia e la politica di potenza, allora lo sbocco è il totalitarismo. Il socialismo non è dunque il dispotico collettivismo nazi-fascio-stalinista, ma la democrazia che controlla nella libertà l'economia. Ciò che può liberare - l'economia di piano e la tecnica moderna - può insomma anche essere il più odioso strumento mai escogitato per asservire. È stata questa la tragedia del bolscevismo.
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