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Anno edizione: 2005
Anno edizione: 2014
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
E' ottimo libro. Appassionante ed esaustivo. L'autore mostradi saper gestire con chiarezza un bagaglio conoscitivo enorme. Le spiegazioni rendono l'interpretazione dell'autore lucida ed oggettiva ai fini della veridicità storica dell'enorme intreccio di date ed eventi che l'opera ci offre. Per i germanofili assolutamente da leggere
Ho studiato le varie vicende della seconda guerra mondiale su questo libro e mi sono trovata molto bene. Esposizione chiara dei concetti e dei fatti senza dilagazioni. Inoltre, spiegazione di alcune tematiche complesse che difficilmente vengono trattate in modo chiaro ed esaustivo.
Recensioni
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In questo suo nuovo lavoro Corni affronta, in modo sintetico e brillante, la questione dei rapporti fra il regime nazista e i territori che esso occupò durante la guerra. L'universo dei collaborazionismi viene qui presentato approfondendo le indicazioni presenti in un testo ormai classico, Fascismo, fascismi di Enzo Collotti, riedito da Sansoni nel 2004. Qui si cerca soprattutto, tuttavia, di portare a galla la prospettiva strategica sposata da Hitler e dai suoi. Dopo aver rilevato una sia pur remota continuità fra l'espansionismo guglielmino e quello nazista, Corni approfondisce il concetto di Lebensraum ("spazio vitale"). Agli occhi di Hitler, un nuovo Drang Nach Osten germanico doveva investire l'Europa orientale per farne ciò che l'India era stata nell'Impero britannico: un immenso bacino di produzione in grado di offrire in abbondanza manodopera, combustibile e alimenti al "grande spazio economico" del Reich millenario. Già nei primi tempi della guerra a est (un Vernichtungskrieg, ossia una "guerra di distruzione"), tuttavia, le linee generali del piano nazista, molto approssimative, dovettero essere almeno in parte modificate, fino a differenziarsi in misura considerevole a seconda delle aree occupate.
In questo senso agirono, come rileva Corni, motivazioni non solo puramente belliche, politiche ed economiche, ma anche razzistiche: cosicché nessuno fu trattato peggio di russi e polacchi, considerati subumani, mentre si ebbe un occhio di riguardo per i nordici danesi e in parte anche per la Francia. Per quest'ultima, come emerge nell'interessante appendice documentaria finale, i nazisti auspicavano grossolanamente un avvenire da "Svizzera ingrandita" e da meta di viaggi di piacere. Nei paesi giudicati razzialmente più adeguati e politicamente meglio predisposti, come appunto la Francia, la Danimarca o la Norvegia, si cercò di far perno sulle élite nazionali, e talvolta su delle vere e proprie quinte colonne interne (di Vidkund Quisling, poi divenuto il collaborazionista per antonomasia, Corni cita anche alcune righe tratte dal pamphlet del 1937 Il principio nordico).
Negli altri paesi si procedette all'asservimento più sistematico e spietato, il che avvenne ad esempio nell'Urss, dove, tuttavia, un milione di sovietici scelsero di battersi per Hitler e con Hitler. Lo si fece spoliticizzando la popolazione mediante la distruzione della sua classe dirigente, ma ciò non poté che dar luogo a tante riedizioni locali della poliarchia esistente nella Germania nazista. Ora, se in patria il principio carismatico era concretamente incarnato almeno al vertice della piramide (con la leadership indiscussa e indiscutibile del führer), nei vari stati presi in guerra, dalla Boemia ai Paesi Bassi, riprodurre un simile meccanismo risultò estremamente arduo, anche perché proprio Hitler tendeva a privilegiare l'amministrazione civile rispetto a quella militare, temendo l'emergere di pericolosi leader radicati nel territorio. Ancor più grave fu forse il fatto che in campo economico Hitler avesse avviato il conflitto senza un preciso piano di sfruttamento dei territori che potevano essere conquistati. Si aggiunga che la politica del saccheggio e della rapina, e con essa il continuo rastrellamento di manodopera, fiaccarono alquanto le capacità produttive dei vari paesi occupati; sono impressionanti le pagine in cui Corni, con la consueta efficacia espositiva, enumera le ordinanze rivolte ai lavoratori, costretti a 56-60 ore settimanali di attività, senza assistenza sanitaria, e con il divieto di frequentare locali pubblici.
Di tappa in tappa, sebbene attraverso blocchi tematici opportunamente omogenei, si giunge infine da un lato alla fase resistenziale, che Corni affronta con taglio originale (richiama ad esempio le molte scuole e le università clandestine che sorsero nei territori occupati dalle camicie brune), dall'altro, dopo la fine della guerra, alla vendetta sui tedeschi delle popolazioni est-europee. Essa causò una colossale migrazione che sarebbe costata oltre due milioni di morti. L'ultima, e sconvolgente, tragedia della seconda guerra mondiale.
Daniele Rocca
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